A. D. 1202
Indugi ed ostacoli non preveduti tardarono l'adempimento di questo Trattato. Di ritorno a Troyes, il Maresciallo venne affettuosamente accolto, e per le operate cose lodato da Teobaldo, conte di Sciampagna, generale che ad unanime voto i pellegrini eransi scelto; ma la salute di questo giovine valoroso incominciando a vacillare, non andò guari che ogni speranza di salvarlo mancò. Deplorando il destino che lo dannava a perire immaturo, non in mezzo al campo della battaglia, ma sopra un letto d'angoscia, distribuì morendo i proprj tesori a' suoi prodi e numerosi vassalli, dopo averli indotti a giurare alla sua presenza che il voto di lui e di loro medesimi avrebber compiuto. Ma, prosegue il Maresciallo, non tutti quelli che accettarono i donativi la lor parola mantennero; i più risoluti campioni della Croce a Soissons si assembrarono per la scelta di un nuovo generale, e fosse incapacità, gelosia, o contraggenio, non trovarono alcuno tra i Principi francesi fornito delle prerogative d'animo necessarie a condurre sì fatta spedizione, e nemmeno del desiderio di questo comando. Laonde i voti si unirono a favore di uno straniero, di Bonifazio, marchese di Monferrato, rampollo di una stirpe d'eroi, e conosciuto egli medesimo per meriti politici e militari50. Nè la pietà, nè la sua ambizione, gli consigliavano ricusar l'offerta di comando fattagli dai Baroni francesi: per lo che, dopo avere trascorsi alcuni giorni alla Corte di Francia, ove trovò accoglienza ad un amico e ad un parente dovuta, accettò solennemente nella chiesa di Soissons la croce di pellegrino, e il bastone di generale, ripassando indi l'Alpi per prepararsi a questa impresa di lunga durata. All'avvicinarsi della Pentecoste, Bonifazio, dispiegato il proprio stendardo, prese la volta di Venezia a capo de' suoi Italiani; colà il precedettero, o seguirono i Conti di Fiandra e di Blois, ed alcuni più illustri Baroni di Francia, ai quali si aggiunse un numeroso corpo di pellegrini alemanni, tutti compresi dagli stessi motivi che i primi animavano51. Non solamente aveano compiuti, ma oltrepassati i loro obblighi, i Veneziani: costrutte scuderie pe' cavalli, baracche pe' soldati; magazzini abbondantemente forniti di foraggi e di vettovaglie: i legni da trasporto, le navi e le galee, non aspettavano per salpare che il pagamento della somma stipulata nel Trattato per le spese di allestire la flotta. Ma tal somma era più forte assai delle ricchezze insieme unite di tutti i pellegrini in Venezia adunati. I Fiamminghi, che un'obbedienza volontaria e precaria al loro Conte prestavano, aveano impresa sui proprj navigli la lunga navigazione dell'Oceano e del Mediterraneo, e molta mano di Francesi e d'Italiani preferito valersi per questa traversata dei modi meno dispendiosi e più agiati che vennero offerti loro dai Marsigliesi e dai Pugliesi. I pellegrini trasferitisi a Venezia avrebbero potuto dolersi in veggendo che, dopo avere scontata la loro contribuzione personale, venivano tenuti mallevadori pei compagni lontani; pur tutti i Capi di buon grado le proprie suppellettili di oro e d'argento nel tesoro di S. Marco deposero; ma un sì generoso sagrifizio non era ancora bastante, e ad onta di tanti sforzi a compiere la pattuita somma trentaquattromila marchi ancora mancavano.
La politica e l'amor patrio del Doge tolsero di mezzo l'ostacolo. Ei fece ai Baroni il partito di unirsi ai suoi concittadini per ridurre alcune città ribellanti della Dalmazia; al qual patto promise condursi in persona a combattere sulle coste della Palestina, e ottenere inoltre dalla Repubblica che, quanto al rimanente debito de' Crociati, aspettasse ad ottenerne il pagamento l'istante, in cui qualche ricca conquista ne porgesse ai medesimi i modi. Non poco titubarono, mossi anche da riguardi di coscienza, i Francesi; ma anzichè rinunziare all'impresa, finalmente a questo partito si accomodarono. I primi atti ostili della flotta, furono contro Zara52, città forte sulle coste della Schiavonia, che sottrattasi ai Veneziani, sotto la protezione del Re ungarese erasi posta53. Rotta la catena, o sbarra che il porto ne difendeva, sbarcati i loro cavalli, le loro truppe, le loro macchine da guerra, costrinsero nel quinto giorno la città ad arrendersi a discrezione. Gli abitanti ebbero salve la vite, ma per punirli d'aver ribellato, vennero saccheggiate le loro case, spianate le mura della città. Innoltrata essendo la stagione, i confederati risolvettero scegliere un porto sicuro in fertile paese, per ivi trascorrere il verno tranquillamente: ma ne turbaron la quiete le nimistà di nazione surte fra i soldati e i marinai, e le frequenti lotte che da queste nimistà conseguivano. La conquista di Zara era stata origine di discordie e di scandali. Spiacea che la prima fazione de' confederati, non di sangue infedele, ma del sangue medesimo de' Cristiani, avesse lordate le loro armi; lo stesso Re di Ungheria e i suoi nuovi sudditi fra i campioni della Croce si noveravano; il timore o la incostanza aumentava gli scrupoli de' devoti. Il Pontefice avea scomunicati diversi spergiuri Crociati che saccheggiavano e trucidavano i lor fratelli54: anatema che risparmiò solamente il Marchese Bonifazio e Simone di Montfort, l'un d'essi, perchè non si era trovato all'assedio, l'altro pel merito di avere abbandonata del tutto la lega. Innocenzo avrebbe perdonato di buon grado ai semplici e docili penitenti francesi, ma a maggiore sdegno lo concitava l'ostinata ragione de' Veneziani, che ricusando di confessare le loro colpe, non sapean che farsi di perdono, nè voleano, quanto alle bisogne lor temporali, l'autorità d'un prete conoscere.
L'unione di una flotta e di un esercito sì poderoso, le speranze del giovine Alessio avea rianimate55. Così a Venezia come a Zara, non risparmiò vivissime istanze ai Crociati, perchè il riconducessero in patria, e la liberazione del suo genitore operassero56. Le raccomandazioni di Filippo, Re di Alemagna, la presenza e le preghiere del giovine Greco a pietà mossero i pellegrini; e il marchese di Monferrato, e il Doge di Venezia, la causa ne assunsero e perorarono. Un doppio parentado e la dignità di Cesare aveano colla famiglia imperiale congiunti i due fratelli primogeniti di Bonifazio57, che sperava acquistarsi, per l'importanza di un tanto servigio prestato, un reame. Più generosa l'ambizione del Dandolo, inspiravagli ardente desiderio di assicurare al suo paese gl'immensi vantaggi che una tale impresa al commercio veneto promettea58. La prevalenza di questi due personaggi ottenne buona accoglienza agli ambasciatori d'Alessio; e se per una parte, la vastità delle offerte fattesi da questo giovane, era tale da mettere in qualche diffidenza, per l'altra i motivi da esso addotti, e i vantaggi ai quali per sè stesso agognava, poterono giustificare l'indugio posto alla liberazione di Gerusalemme, e all'uso delle forze che a tal fine esser doveano serbate. Promise pertanto Alessio per sè e pel padre suo, che appena ricuperato il trono di Costantinopoli, al lungo scisma de' Greci porrebbero termine, sottomettendosi eglino e i loro sudditi, alla supremazia della Chiesa romana. Si obbligò ricompensare le fatiche e i servigi de' Crociati coll'immediato sborso di dugentomila marchi d'argento; seguire i pellegrini in Egitto; o, se più espediente fossesi giudicato, mantenere durante un anno diecimila soldati, e finchè vivea, cinquecento uomini a cavallo pel servigio di Terra Santa. Patti così seducenti vennero dalla Repubblica di Venezia accettati, e l'eloquenza del Doge e del Marchese indusse i Conti di Blois, di Fiandra, di S. Paolo, ed altri otto Baroni a prender parte in una impresa tanto gloriosa. Co' soliti giuramenti un Trattato di lega offensiva e difensiva si confermò: ciascuno individuo, giusta lo stato suo, o la sua indole, fu adescato da motivi di generale interesse, o da quelli del proprio; dall'onore di restituire ad un Sovrano il trono perduto, o dall'opinione assai fondata che tutti gli sforzi de' Crociati per liberare la Palestina sarebbero vani, ogni qualvolta la conquista di Costantinopoli, non precedesse e agevolasse quella di Gerusalemme. Ma i ridetti Capi comandavano una truppa di guerrieri liberi e di volontarj, alcuni di questi loro eguali, che ragionavano, e talvolta a proprio talento operavano. Benchè una grande maggiorità per la nuova lega si fosse chiarita, non immeritevoli di considerazione erano il numero e gli argomenti di coloro che la ributtavano59. Anche gli animi i più intrepidi abbrividivano al racconto udito delle forze navali di Costantinopoli, e delle inaccessibili fortificazioni di questa città. Pure non allegavano in pubblico i lor timori, e forse a sè stessi palliandoli, più decorose obbiezioni, dedotte dal dovere e dalla Religione, mettevano in campo. Citavano i dissidenti la santità del voto che, unicamente per far libero il Santo Sepolcro, dalle lor famiglie e case aveali allontanati; non essere lor pensamento che motivi oscuri ed incerti di umana politica dovessero distoglierli da una santa impresa, l'evento della quale nelle mani della Providenza si stava: le censure pontificie e i rimproveri di lor coscienza averli assai severamente puniti per la conquista di Zara, prima colpa che si rimprocciavano; non volere aggiugnerne una seconda col lordare in avvenire le proprie armi nel sangue cristiano: sullo Scisma dei Greci aver già l'Appostolo di Roma pronunziata sentenza; non appartenerne ad essi la punizione; nè tampoco il farsi vendicatori degl'incerti diritti dei Principi di Bisanzo. Mossi da sì fatti principj, o pretesti, una gran parte di pellegrini, per valore e pietà i più rinomati, abbandonarono il campo; eppure nocquero meno all'impresa, che non quella fazione di mal contenti che rimanendo, cercarono tutte le occasioni di spargere nell'esercito la discordia, e con opposizioni, or manifeste, or segrete, il buon esito dell'armi impacciarono.
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Tale diffalta non fece che i Veneziani affrettassero meno gli apparecchi della partenza, e forse, sotto apparenza di generosa sollecitudine inspirata loro dal giovine Alessio, celavano il risentimento che contra la nazioni di lui e la famiglia nudrivano. Oltrechè, la cupidigia loro sentivasi offesa dalla preferenza che di recente i Greci aveano data alla rivale Repubblica di Pisa; non dimenticavano antichi e tremendi conti rimasti addietro tra essi e la Corte di Costantinopoli; fors'anche il Dandolo non si dava, per lo meno, cura di dismentire la popolare credenza che accusava l'Imperator Manuele, di avere violati nella persona del veneto Doge i diritti delle nazioni e della umanità, privandolo della facoltà della vista, nel tempo che il grado di Ambasciatore la persona di lui rendea sacra. Da parecchi anni le onde adriatiche d'un sì straordinario armamento non si ricordavano; centoventi barche piatte, o palandre per li cavalli; dugentoquaranta vascelli carichi di soldati e d'armi, settanta di vettovaglie, protetti da cinquanta galee ben munite, e pronte alla pugna, tal si era lo stato di una sì formidabile flotta60. Propizio il vento, tranquillo il mare, sereno il cielo mostravansi, e gli occhi d'ognuno con ammirazione a questa scena guerriera e splendentissima stavano intenti. Gli scudi de' cavalieri e degli scudieri, giovando parimente ad ornamento e a difesa, vedeansi ad entrambe le sponde delle navi in bell'ordine collocati; e le varie bandiere delle nazioni e delle famiglie, che sventolavano a prora, uno spettacolo magnifico e decoroso offerivano. Le catapulte e le macchine atte a lanciar sassi e a conquassare muraglie, allor l'ufizio dell'artiglieria de' nostri giorni prestavano. Una musica militare raddolciva i travagli e le noie della navigazione, intantochè que' guerrieri affidati alla persuasione che quarantamila eroi cristiani erano bastanti a conquistar l'Universo, scambievolmente s'incoraggiavano61. Per l'abilità e l'esperienza de' veneti piloti, giunta con prospero viaggio da Venezia a Zara la flotta cristiana, da quest'ultimo lido a Durazzo, situato sul territorio greco, immune da avversi casi pervenne. L'isola di Corfù le offerse reficiamenti e riparo. Superato con fausta navigazione il pericoloso capo Maleo, estremità australe della Morea, i confederati approdarono alle isole di Negroponte e di Andros62, gettando le áncore dinanzi ad Abido, riva asiatica dell'Ellesponto. Nè difficili, o sanguinosi furono i preludj della conquista. Privi di zelo patrio e di coraggio gli abitanti delle greche province, nè solamente a resister pensarono. E per vero dire la presenza del legittimo erede del trono potea questa loro docilità render lodevole, e n'ebbero di fatto il compenso nella moderazione e nella severa disciplina che gli occupatori mantennero. Nell'attraversare l'Ellesponto questa flotta trovandosi entro canale angustissimo rinserrata, il numero delle vele la superficie dell'acqua oscurò. Postesi alla giusta distanza le navi in mezzo al vasto specchio della Propontide, per queste quete onde solcarono fino agli scali della costa europea, fermando l'áncore verso l'abbazia di S. Stefano, tre leghe circa a ponente di Costantinopoli. Il Doge consigliò saggiamente i Crociati a non isbandarsi sopra quella costa popolosa e nemica. Poi accostandosi al termine le lor vettovaglie, e giunta la stagion delle messi, deliberarono rinnovellarle nelle fertili isole della Propontide; e a tal meta i confederati il loro corso indirissero. Ma un colpo di vento, e l'impazienza de' naviganti, li spinsero verso levante, in tanta vicinanza della spiaggia e della città, che quelli dei baluardi e quelli dele navi con gittate di sassi e dardi scambievolmente si salutarono. In questo passaggio, l'armata contemplò con ammirazione la capitale dell'Oriente che ergendosi sulla cima de' sette suoi colli, e dominando i continenti dell'Asia e dell'Europa, piuttosto la capitale sembrava dell'Universo. Indorate le cupole de' palagi e delle Chiese dai raggi del Sole, questi erano ripercossi dalla superficie dell'acque. Il brulichio dei soldati e degli abitanti affoltatisi sulle mura sorprese gli sguardi de' naviganti spettatori che la codardia di quella gente ignoravano; onde un subitaneo terrore invase i petti d'ogni Crociato in pensando che a memoria d'uomini una tanto pericolosa impresa da una sì picciola mano di combattenti non erasi mai tentata. Ma il momentaneo scoraggiamento dissiparono la speranza e la consuetudine del valore; per lo che «ciascuno, narra il Maresciallo della Sciampagna, fisò il guardo alla spada, o alla lancia, di cui fra poco avrebbe fatto un uso tanto glorioso63». Innanzi al sobborgo di Calcedonia i Latini il navilio fermarono. Rimasti soli entro le navi i marinai, e sbarcati senza ostacolo i soldati e l'armi, il saccheggio di un palagio imperiale, offerse anticipate ai Baroni le delizie del buon successo cui aspiravano. Nel terzo giorno, la flotta e l'esercito si volsero a Scutari, sobborgo asiatico di Costantinopoli. Sorpreso e messo in fuga da ottanta cavalieri un corpo di cinquecento uomini di cavalleria greca, una pausa di nove giorni bastò a provvedere lautamente il campo e di foraggi e di ogni genere di vettovaglie.
Parrà forse cosa straordinaria che, imprendendo io a narrare l'invasione di un grande Impero, non abbia fatta menzione degli ostacoli che al buon successo de' conquistatori oppor si poteano. Perchè, comunque i Greci difettasero di valore, erano ricchi ed industriosi, e obbedivano ad un assoluto Monarca. Ma avrebbe fatto mestieri che a questo Monarca non fossero mancati, l'antiveggenza, finchè i nemici erano lontani, il coraggio, poichè gli ebbe alle coste dei suoi dominj. Avendo dimostrato di accogliere in atto di scherno le prime notizie venutegli intorno alla lega del proprio nipote co' Francesi e coi Veneziani, i cortigiani di lui gli persuasero essere verace questo scherno e figlio del suo coraggio. Non passava sera che al finir della mensa costui non mettesse per tre volte in rotta i Barbari dell'Occidente. Questi Barbari in vece non disprezzavano, e ben a ragione, le forze navali de' Greci: perchè i mille seicento navigli pescherecci di Costantinopoli64 avrebbero somministrati quanti marinai bastavano ad allestire una flotta capace di sommergere le galee venete, o certamente di chiudere ad esse l'ingresso dell'Ellesponto. Ma qual valevole difesa non diviene impotente per la trascuratezza d'un Sovrano, per la corruttela de' suoi Ministri? Il Gran Duca, o Ammiraglio, facea un traffico scandaloso, e quasi pubblico, delle vele, degli alberi da nave, de' cordami. Le reali foreste servivano soltanto alla caccia del Principe, il che aveasi per bisogno ben più rilevante; e gli eunuchi, al dir di Niceta, stavano di sentinella agli alberi, come se queste piante ad un culto religioso fossero consacrate. L'assedio di Zara, il rapido avvicinar de' Latini destarono finalmente Alessio dagli orgogliosi suoi sogni; ma quando la sciagura gli parve reale, inevitabile la credè parimente. La presunzione disparve, e all'abietta codardia, e alla disperazione die' luogo. Questi spregevoli Barbari
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