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Il recente pericolo, a cui s'era esposta la persona dell'Imperatore nell'indifeso palazzo di Milano, lo mosse a cercar un rifugio in qualche inaccessibil fortezza d'Italia, dove potesse restar sicuro, quando l'aperta campagna fosse coperta da un diluvio di Barbari. Sulla costa dell'Adriatico, circa dieci o dodici miglia lontano dalla più meridionale delle sette bocche del Po, i Tessali avevan fondato l'antica colonia di Ravenna122, ch'essi poi abbandonarono a' nativi dell'Umbria. Augusto, che avea notato l'opportunità del luogo preparò alla distanza di tre miglia dall'antica Città, un Porto capace di ricevere dugento cinquanta navi da guerra. Tale stabilimento navale che conteneva gli arsenali, i magazzini, e le baracche delle Truppe insieme con le case degli artefici, trasse l'origine ed il nome dalla permanente dimora della flotta Romana: lo spazio intermedio fu tosto ripieno di fabbriche e di abitanti; ed i tre popolati ed estesi quartieri di Ravenna a grado a grado contribuirono a formare una delle più importanti città dell'Italia. Il principal canale d'Augusto conduceva una copiosa quantità di acque del Po per mezzo della città all'entratura del porto; le medesime acque s'introducevano in profonde fosse, che circondavano le mura; si distribuivano per mille canali minori in ogni parte della città, ch'essi dividevano in una quantità di piccole isole; se ne manteneva la comunicazione solo coll'uso dei battelli e de' ponti; e le case di Ravenna, la figura delle quali può paragonarsi a quelle di Venezia, erano alzate su fondamenti di pali di legno. La campagna addiacente, alla distanza di molte miglia, era una profonda ed impenetrabil palude; e l'artificiale sentiero, che univa Ravenna col Continente, potea facilmente guardarsi o distruggersi all'avvicinarsi d'un'armata nemica. Quelle paludi però erano sparse di vigne; e quantunque il terreno fosse esausto da quattro o cinque raccolte, la città godeva una più abbondante copia di vino, che d'acqua fresca123. L'aria, invece d'essere infettata dalle malsane, e quasi pestilenziali esalazioni de' bassi e pantanosi terreni, era distinta, come i contorni d'Alessandria, per la straordinaria sua purità e salubrità; e s'attribuiva questo singolar vantaggio a' flutti regolari dell'Adriatico, che purgavano i canali, impedivano l'insalubre stagnamento delle acque ed ogni giorno portavano nel centro di Ravenna i vascelli della vicina campagna. Il mare, appoco appoco ritirandosi, ha lasciato la moderna città alla distanza di quattro miglia dall'Adriatico; e fino dal quinto e sesto secolo dell'Era Cristiana, il porto d'Augusto fu convertito in amene piantazioni, ed un solitario bosco di pini cuoprì quel suolo, dove una volta la flotta Romana stava sulle ancore124. Anche tale alterazione contribuì ad accrescere la natural fortezza del luogo; e la bassezza delle acque faceva un sufficiente riparo contro le grosse navi dell'inimico. Questa situazion vantaggiosa fu inoltre fortificata dal travaglio e dall'arte; e l'Imperatore dell'Occidente, nel ventesimo anno dell'età sua, ansioso soltanto della propria personal sicurezza, ritirossi nel perpetuo confino delle mura e delle paludi di Ravenna. Fu imitato l'esempio d'Onorio da' Re Goti, suoi deboli successori, e di poi dagli Esarchi, i quali occuparono il trono ed il palazzo degl'Imperatori; e fino alla metà dell'ottavo secolo Ravenna fu risguardata come la sede del Governo e la Capitale dell'Italia125.
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I timori d'Onorio non erano senza fondamento, nè le sue precauzioni furono senz'effetto. Nel tempo che l'Italia si rallegrava per la sua liberazione dai Goti, eccitossi una furiosa tempesta fra le nazioni della Germania, che cederono all'irresistibile impulso, che sembra essere stato a grado a grado comunicato loro dall'estremità orientale del continente dell'Asia. Gli Annali Chinesi, nella maniera che si sono interpretati dalla dotta industria del presente secolo, possono utilmente applicarsi a scuoprir le segrete e remote cause della caduta dell'Imperio Romano. Quell'esteso tratto di paese, che è al settentrione della gran muraglia, dopo la fuga degli Unni fu occupato da' vittoriosi Sienpi, che alle volte si divisero in tribù indipendenti, ed alle volte si trovaron riuniti sotto un supremo Capo, finattantochè in ultimo, dandosi il nome di Topa o di Signori della Terra, acquistarono una maggiore stabilità, ed un potere più formidabile. In breve obbligarono essi le pastorali nazioni del deserto orientale a conoscere la superiorità delle loro armi; invasero la China in un tempo di debolezza e d'interna discordia; e questi fortunati Tartari, adottando le leggi ed i costumi del popolo vinto, fondarono un'Imperial Dinastia, che regnò quasi cento sessant'anni sulle province Settentrionali della Monarchia. Qualche generazione prima che salissero sul trono della China, uno dei Principi Topa aveva arrolato nella sua cavalleria uno schiavo, chiamato Moko, celebre pel suo valore; ma che fu indotto dal timore del gastigo o disertare, ed a vagare pel deserto alla testa di cento seguaci. Questa mano di ladri e di banditi divenne poi un campo, una tribù, un numeroso popolo distinto col nome di Geougen; ed i posteri di Moko lo schiavo, ereditarj lor Capitani, presero posto fra i Monarchi della Scizia. Toulun, che fu il più grande fra i discendenti di esso, esercitò la sua gioventù in quelle avversità che sono la scuola degli Eroi. Combattè valorosamente con la fortuna, ruppe l'imperioso giogo del Topa, e divenne il legislatore della sua nazione, ed il conquistatore della Tartaria. Distribuì le sue truppe in corpi regolari di cento e di mille uomini; i codardi erano lapidati; si proponevano gli onori più splendidi come premj del valore, e Toulun, abbastanza instrutto per non curare il saper della China, non adottò che quelle arti e quegl'instituti, che favorivano lo spirito militare del suo Governo. Piantava nella state le sue tende sulle fertili rive del Selinga, trasportandole nell'inverno ad una latitudine più meridionale. S'estendevano le sue conquiste dalla Corea fino al di là del fiume Irtish. Vinse nella regione al norte del mar Caspio la nazione degli Unni; ed il nuovo titolo di Kan o Cagan, indicò la fama ed il potere che trasse da questa memorabil vittoria126.
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Resta interrotta o piuttosto celata la catena degli avvenimenti, quando si passa dal Volga alla Vistola per l'oscuro spazio, che separa gli estremi confini della geografia Chinese e Romana. Pure l'indole de' Barbari e l'esperienza delle posteriori emigrazioni abbastanza dimostrano, che gli Unni, i quali erano oppressi dalle armi dei Geougensi, dovetter sottrarsi ben presto dalla presenza d'un insultante vincitore. I paesi verso il Ponto Eussino erano già occupati dalle tribù loro congiunte, e la precipitosa loro fuga, che tosto si convertì in un audace assalto, doveva più naturalmente dirigersi verso le ricche ed uguali pianure, per le quali la Vistola piacevolmente scorre verso il mar Baltico. Dovè il Settentrione di nuovo esser commosso ed agitato dall'invasione degli Unni; e le nazioni, che fuggivan da loro, doveron posarsi con grave peso sui confini della Germania127. Gli abitanti di quelle regioni, che gli antichi hanno assegnato agli Svevi, a' Vandali, ed ai Borgognoni, poteron prendere la risoluzione d'abbandonare a' fuggitivi della Sarmazia le loro foreste e lagune, o almeno di scaricare la superflua loro popolazione nelle Province del Romano Impero128. Circa quattr'anni dopo che il vittorioso Toulun aveva preso il titolo di Kan dei Geougensi, un altro Barbaro, cioè il superbo Rodogasto, o Radagaiso129 marciò dall'estremità settentrionali della Germania quasi fino alle mura di Roma, lasciò gli avanzi del suo esercito a terminare la distruzione dell'Occidente. I Vandali, gli Svevi ed i Borgognoni formavano il corpo di questa formidabile armata; ma gli Alani, che avevan trovato un cortese accoglimento nelle nuove loro abitazioni, aggiunsero un'attiva cavalleria alla grave infanteria dei Germani; e gli avventurieri Gotici corser con tanto ardore alle bandiere di Radagaiso, che alcuni storici lo hanno chiamato Re de' Goti. Facevan pompa nella vanguardia dodicimila guerrieri, distinti dal volgo per la nobile nascita o per le valorose lor geste130; e tutta la moltitudine, che non era minore di dugentomila combattenti, aggiuntevi lo donne, i fanciulli, e gli schiavi, poteva montare sino al numero di quattrocentomila persone. Venne questa terribile emigrazione dalla medesima costa del Baltico, dalla quale uscirono le migliaia di Cimbri e di Teutoni ad assaltar Roma e l'Italia nel vigor della Repubblica. Dopo la partenza di quei Barbari, il nativo loro paese, in cui si vedevano i vestigi di lor grandezza, come grosse mura, e moli gigantesche131, fu per qualche secolo ridotto ad una vasta ed arida solitudine, finattantochè non fu rinnovata la specie umana dalla forza della generazione, e non fu ripieno quel vôto dal concorso di nuovi abitanti. Anche le nazioni, che presentemente usurpano un'estension di terreno, che non son capaci di coltivare, sarebber tosto soccorse dall'industriosa povertà dei loro vicini, se il governo dell'Europa non proteggesse i diritti, del dominio e della proprietà.
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Era in quel tempo tanto precaria ed imperfetta la corrispondenza delle nazioni fra loro, che potevano ignorarsi nella Corte di Ravenna le rivoluzioni del Norte, finattantochè l'oscura nube, che si era ammassata lungo la costa del Baltico, scoppiò in fulmine sulle rive dell'alto Danubio. L'Imperator dell'Occidente si contentava d'essere occasione e spettator della guerra132, se pure i suoi ministri arrischiavansi di disturbarne i piaceri con le nuove dell'imminente pericolo. Affidavasi la salute di Roma a' consigli ed alla spada di Stilicone; ma tanto era debole ed esausto lo staio dell'Impero, che era impossibile di risarcire le fortificazioni del Danubio, o d'impedire con un vigoroso sforzo l'invasione de' Germani133. Le speranze del vigilante Ministro d'Onorio si limitavano alla difesa dell'Italia. Egli abbandonò un'altra volta le Province; richiamò le truppe; fece nuove leve, che furono rigorosamente cercate, e con pusillanimità deluse; impiegò i più efficaci mezzi per ritenere o allettare i disertori; ed offerì la libertà ed il donativo di due monete d'oro a tutti gli schiavi, che si fossero arrolati alla milizia134. Con questi sforzi a gran fatica raccolse dai sudditi d'un grand'Impero un esercito di trenta o quarantamila uomini, che al tempo di Scipione o di Camillo si sarebbe ad un tratto formata dai cittadini liberi del territorio di Roma135. Le trenta legioni di Stilicone furono rinforzate da un grosso corpo di Barbari ausiliari; i fedeli Alani erano personalmente attaccati al suo servigio; e le truppe degli Unni e de' Goti, che marciavano sotto le bandiere dei nativi lor principi Uldino e Saro, venivano animate dall'interesse e dall'ira ad opporsi all'ambizione di Radagaiso. Il Re dei confederati Germani senza resistenza passò le Alpi, il Po e l'Apennino, lasciando da una parte l'inaccessibil palazzo d'Onorio, sepolto con sicurezza fra' pantani di Ravenna, e dall'altra il campo di Stilicone, che avea stabilito il suo principal quartiere a Ticino o a Pavia; ma che sembra scansasse una decisiva battaglia, finattantochè non avesse adunato le distanti sue forze. Molte città dell'Italia furon saccheggiate o distrutte, e l'assedio di Firenze fatto da Radagaiso136 è uno dei più antichi avvenimenti nell'istoria di quella celebre Repubblica, la fermezza della quale frenò e sospese l'imperito furore de' Barbari. Tremò il Senato ed il Popolo all'avvicinarsi che fecero alla distanza di cento cinquanta miglia da Roma; ed ansiosamente paragonarono essi il pericolo che avevan passato, co' nuovi rischi a' quali trovavansi esposti. Alarico era Cristiano e soldato; condottiere d'un esercito disciplinato; esso intendeva le leggi della guerra, rispettava la santità dei trattati, ed avea conversato famigliarmente coi sudditi dell'Impero nei medesimi campi e nelle Chiese medesime. Il selvaggio Radagaiso non conosceva i costumi, la religione, e neppure il linguaggio delle nazioni civilizzate del Mezzodì. Accrescevasi la fierezza della sua natura da una crudele superstizione, e generalmente credevasi, che si fosse obbligato con un solenne voto a ridur la città in un mucchio di sassi e di cenere, ed a sacrificare i Romani Senatori più illustri sugli altari di quegli Dei, che si placavano per mezzo del sangue umano. Il pubblico pericolo, che avrebbe dovuto riconciliare tutte le domestiche animosità, scuoprì l'incurabil pazzia d'una religiosa fazione. Gli oppressi adoratori di Mercurio e di Giove nell'implacabil nemico di Roma rispettavano il carattere di devoto Pagano: altamente dichiaravano, che più temevano i sacrifizi che le armi di Radagaiso: e segretamente godevano della calamità della patria, le quali condannavano la fede de' Cristiani loro avversari137.
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Firenze fu ridotta all'ultima estremità, ed il coraggio dei cittadini, che già mancava, non fu sostenuto che dall'autorità di S. Ambrogio, che in sogno aveva avuto la promessa della pronta liberazion loro138. Ad un tratto essi videro dalle mura le bandiere di Stilicone, che s'avanzava con le unite sue forze in sollievo della fedele città, e che tosto destinò quel fatal luogo per sepoltura del Barbaro esercito. Possono conciliarsi le apparenti contraddizioni di quegli scrittori, che riferiscono in diverse maniere la disfatta di Radagaiso, senza far molta violenza alle rispettive loro testimonianze. Orosio ed Agostino, ch'erano intimamente connessi per amicizia e per religione, attribuiscono questa miracolosa vittoria piuttosto alla Providenza divina, che al valor umano139. Essi rigorosamente escludono qualunque idea di eventualità, o anche di spargimento di sangue, e positivamente affermano, che i Romani, il campo de' quali era un teatro d'abbondanza e d'oziosità, godevano delle angustie de' Barbari, che lentamente spiravano sulla scoscesa e nuda cima de' colli di Fiesole, che s'innalzano sopra la città di Firenze. Si può con tacito disprezzo riguardare la stravagante loro asserzione, che neppure un soldato dell'esercito Cristiano restasse ucciso o ferito; ma il resto della narrazione d'Agostino e d'Orosio è coerente allo stato della guerra ed al carattere di Stilicone. Sapendo, ch'ei comandava l'ultimo esercito della Repubblica, la sua prudenza non gli permetteva d'esporlo in campo aperto all'ostinata furia dei Germani. Il metodo di circondare il nemico con forti linee di circonvallazione, che per due volte aveva impiegato contro il Re Goto, fu replicato più estesamente in quest'occasione, e con più notabile effetto. Gli esempi di Cesare dovevano esser famigliari anche a' più ignoranti guerrieri di Roma; e le fortificazioni di Dirrachio, che riunivano insieme ventiquattro castelli per mezzo d'un perpetuo fosso e riparo di quindici miglia, davano il modello d'un trinceramento, che potea circondare ed affamar l'esercito più numeroso di Barbari140. Le truppe Romane avevano degenerato meno dall'industria che dal valore dei loro antichi; e se l'opera servile e laboriosa offendeva l'orgoglio de' soldati, la Toscana potea supplir più migliaia di contadini, che avranno lavorato, quantunque non avrebbero forse combattuto per la salute della patria. La moltitudine dei cavalli e degli uomini141, chiusi prigionieri, fu appoco appoco distrutta più dalla fame che dalla spada; ma nel progresso d'un'operazione così estesa i Romani furono esposti ai frequenti attacchi d'un impaziente nemico. La disperazione degli affamati Barbari gli faceva precipitare contro le fortificazioni di Stilicone; il Generale potè qualche volta condiscendere all'ardore dei suoi bravi ausiliari, che ardentemente lo stimolavano ad assaltare il campo de' Germani; e questi varj accidenti probabilmente produssero gli aspri e sanguinosi conflitti, che adornano la narrazione di Zosimo, e le croniche di Prospero e di Marcellino142. Era stato introdotto nelle mura di Firenze un opportuno soccorso di uomini e di provvisioni; e l'affamato esercito di Radagaiso a vicenda restò assediato. L'orgoglioso Monarca di tante guerriere nazioni, dopo la perdita dei suoi più bravi soldati, fu ridotto a confidare o nell'osservanza d'una capitolazione o nella clemenza di Stilicone143. Ma la morte del prigioniero reale, che fu ignominiosamente decapitato, disonorò il trionfo di Roma e del Cristianesimo; ed il breve indugio della sua esecuzione fu sufficiente a macchiare il vincitore della colpa d'una fredda e deliberata crudeltà144
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