Scarlet volava nel cielo del mattino, asciugandosi le lacrime, ancora scossa per l'incidente avvenuto sotto il ponte, provando a comprendere tutto ciò che le stava accadendo. Stava volando. Riusciva a malapena a crederci. Non sapeva come, ma le ali si erano spalancate, e lei aveva semplicemente spiccato il volo, librandosi nell'aria, proprio come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non riusciva a capire perché la luce le faceva male agli occhi, perché la pelle cominciava a bruciarle al sole. Per fortuna, il cielo era diventato nuvoloso, e lei provò un po' di sollievo; tuttavia, non si sentiva ancora se stessa.
Scarlet si sentiva così persa, così sola, e non sapeva dove andare. Pensava di non poter ritornare a casa, non dopo tutto quello che era accaduto, non dopo aver scoperto che sua madre la voleva morta, che tutti la odiavano. Non poteva tornare neanche dalle sue amiche; dopotutto, anche Maria la odiava adesso, e sembrava aver fatto rivoltare anche tutte le altre contro di lei. Non poteva tornare neanche a scuola, non poteva tornare a condurre la sua vita normalmente, specie dopo il suo grande litigio con Vivian alla festa.
Una parte di Scarlet desiderava scomparire e morire. Sentiva di non avere più una casa al mondo.
Scarlet volò sopra la sua città, passando sopra la sua casa, e provò una sensazione alquanto strana a guardare in basso, dall'alto. Era ad un altitudine tale da non poter essere vista proprio da nessuno, e osservò la sua cittadina natale da una prospettiva a vista d'uccello, come non aveva mai avuto. Vide gli isolati perfettamente formati, la griglia rettangolare, le strade pulite, il campanile della chiesa; vide cavi ovunque, i pali telefonici, tutti i tetti inclinati, alcuni con le tegole, altri in ardesia, la maggior parte dei quali avevano centinaia di anni. Poi, vide uccelli appollaiati sui tetti, e un palloncino viola che si sollevava verso di lei.
Il vento di novembre era freddo lassù e le colpiva il viso incessantemente; Scarlet avvertì freddo. Voleva scendere a riscaldarsi da qualche parte.
Mentre continuava a volare, provando a riflettere, l'unica persona che poteva vedere, l'unico volto che continuava ad apparirle nella mente era Sage. Non era arrivato come promesso al ballo della scuola; l'aveva fatta aspettare a vuoto, e lei era furiosa per questo. Scarlet desumeva che non volesse più vederla.
Poi ancora, non era davvero sicura di quello che era accaduto. Forse, soltanto forse, doveva esserci un motivo per cui non si era fatto vedere. Forse la amava dopotutto.
Più Scarlet ci pensava, più sentiva di aver bisogno di vederlo. Aveva bisogno di vedere un volto familiare, qualcuno nel mondo a cui importasse di lei, che l'amasse. O, almeno, che l'avesse amata una volta.
Scarlet prese una decisione. Si voltò e si diresse ad ovest, verso il fiume, dove sapeva che viveva Sage. Continuò a volare fuori dai confin della città, guardando in basso, verso le strade principali, e usandole come guida mentre volava. Il suo cuore batteva all'impazzata, e realizzò che avrebbe raggiunto Sage nell'arco di pochi istanti.
Quando volò fuori dalla città, il paesaggio cambiò: invece di case e isolati perfettamente disposti, c'erano molto meno case, lotti più grandi, più alberi… I lotti cambiarono passando da due acri, a quattro, sei, poi dieci, venti…. Stava entrando nell'area della villa.
Scarlet raggiunse il margine del fiume, e , quando iniziò a volare sopra di esso, vide tutte le grandi ville, con i loro estesi viali d'accesso, incorniciati da antiche querce e maestosi cancelli. Tutto trasudava ricchezza, storia, soldi e potere.
Scarlet passò sopra quelle più grandi ed eleganti di tutte, splendidamente separate dalla strada da diversi acri di terreno; poi sorvolò, proprio vicino all'argine del fiume, una vecchia casa realizzata in pietra, munita di splendide torri, che appariva più un castello che una casa. I suoi quindici comignoli si innalzavano nel cielo, come una luce celestiale. Scarlet non si era mai resa conto di quanto fosse bella la casa di Sage, finché non l'aveva vista dall'alto.
Scarlet volò più in basso, diretta a terra, col cuore in gola, sentendosi nervosa. Sage avrebbe voluto rivederla? E se non fosse stato così? Altrimenti, lei non avrebbe saputo dove andare.
Scarlet atterrò davanti alla porta d'ingresso, abbassandosi gentilmente, ritraendo le ali, e guardò in alto, verso l'edificio in pietra – e, in quello stesso istante, sentì il cuore diventare freddo. Non riusciva a comprendere che cosa stava vedendo: l'intera casa, tutta, era sigillata. Al posto delle splendide finestre decorate, c'erano delle assi di compensato, inchiodate frettolosamente; al posto dell'attività che animava il posto l'ultima volta in cui c'era stata, non c'era niente.
Era deserto.
Scarlet sentì un cigolio. Guardò di lato e vide un cancello arrugginito oscillare leggermente, cigolare al vento. Era come se nessuno avesse vissuto lì da mille anni.
Scarlet volò intorno al retro dell'abitazione, atterrando nell'ampia piazza marmorea, e guardò in alto, verso la facciata; era più che diversa. La casa era completamente vuota, sigillata. Come se tutto quello che era avvenuto al suo interno, in realtà, non fosse mai accaduto.
Scarlet si voltò e guardò l'estesa area che giungeva fino al fiume, baciando l'orizzonte colmo di nuvole, il cielo che si stava oscurando, minacciava un temporale, cercando ovunque Sage.
Lei non lo sentiva lì. Non nella casa. Da nessuna parte.
Se n'era andato.
Scarlet non riusciva a crederci. Se n'era davvero andato.
Scarlet si mise a terra, appoggiò le mani sulle ginocchia, e scoppiò a piangere. La odiava davvero così tanto? Non l'amava per davvero?
Scarlet restò seduta lì, in lacrime, finché non si sentì svuotata, diventando insensibile. Non guardò niente, chiedendosi che cosa fare. Una parte di lei voleva irrompere nella casa, se non altro per scaldarsi e ripararsi. Ma sapeva di non poterlo fare. Non era una criminale.
Scarlet si sedette con la testa tra le mani, per quella che sembrò un'eternità, sentendo un'immensa pressione tra gli occhi, sapendo che doveva andare da qualche parte, doveva fare qualcosa. Ma dove?
Per qualche motivo, Scarlet ripensò ancora una volta alle sue amiche. Maria la odiava; ma non c'era alcuna ragione per cui le altre dovessero odiarla. Erano state tutte così vicine a un certo punto. Sebbene non potesse parlare con Maria, forse poteva parlare con Becca o Jasmine. Dopotutto, Scarlet non aveva fatto niente a loro. E a che cosa servono le amiche, se non per un momento come questo?
Scarlet si tirò su, si asciugò le lacrime, fece tre passi e spiccò il volo. Avrebbe trovato le sue amiche, chiedendo loro di ospitarla, solo per la notte, e poi avrebbe ragionato su che cosa fare della sua vita.
Padre McMullen s'inginocchiò davanti all'altare, con le mani tremanti, mentre stringeva il rosario, pregando per un chiarimento; ma anche, dovette ammettere a se stesso, pregando per avere protezione. La sua mente era ancora impregnata delle immagini di quella ragazza, Scarlet, portata lì da sua madre molti giorni prima, quando persino lì, in quel luogo sacro, ogni finestra si era infranta. Il prete spostò lo sguardo, guardandosi intorno, come se si chiedesse se fosse davvero accaduto, e sentì un brutto pugno allo stomaco, mentre ricordava l'evento tremendo: le vecchie finestre ora erano coperte con delle assi inchiodate.
Ti prego, Padre. Inviaci protezione. Inviale protezione. Salvaci da lei. E salvala da se stessa. Dammi un segno.
Padre McMullen non sapeva che cosa fare. Era il parroco di una piccola città, con una piccola parrocchia, e non aveva i mezzi per affrontare una forza spirituale di tale portata. Aveva letto delle leggende in merito, ma non avrebbe mai immaginato che fossero veritiere, e certamente non vi aveva mai assistito con i suoi stessi occhi.
Ora, dopo aver trascorso tutta la vita a pregare Dio, dopo aver trascorso la vita a parlare agli altri delle forze del bene e del male, ne era stato testimone. Le vere forze spirituali stavano lottando tra loro, qui sulla terra, davanti a tutti. Ora che l'aveva visto—tutto quello che aveva letto e raccontato agli altri—era rivolto a se stesso.
E la cosa lo spaventava a morte.
Un tale male può davvero camminare sulla terra? si chiese. Da dov'era venuto? Che cosa voleva? E perché era giunto sulla sua strada, cadendo nel suo grembo?
Padre McMullen aveva immediatamente contattato il Vaticano, riferendo ciò che era accaduto, chiedendo aiuto, una guida. Soprattutto, voleva sapere come aiutare al meglio quella povera ragazza. Esistevano delle antiche preghiere, delle antiche cerimonie di cui era inconsapevole?
Ma, con suo sgomento, non aveva ricevuto alcuna notizia.
Il prete s'inginocchiò lì, pregando, come faceva ogni pomeriggio, ma ora lo fece più a lungo e con maggiore intensità.
Improvvisamente, il religioso trasalì, vedendo le enormi porte ad arco in legno spalancarsi e la luce penetrare nell'edificio, dietro di lui, portando con sé una fresca brezza. Avvertì un'immediata sensazione di freddo – e non era dovuta semplicemente al clima.
Sentiva che qualcosa di oscuro era entrato in chiesa.
L'uomo, col cuore che batteva all'impazzata, si mise rapidamente in piedi e si voltò, chiedendosi che cosa fosse. Dette un'occhiata veloce nella luce.
Entrarono le sagome di tre uomini sui sessant'anni, con capelli bianchi, tutti vestiti di nero, con dolcevita e tonache neri. Lui li esaminò con stupore; c'era qualcosa di diverso in loro, qualcosa di sinistro. Non apparivano come i preti che aveva visto fino ad allora.
“Padre McMullen?” uno di loro chiese.
Il prete stette in guardia, mentre si avvicinavano, e annuì scosso.
“Chi siete?” lui chiese. “Come posso esservi utile?”
“Lei ci ha chiamati,” uno disse.
Il prete lo guardò, con aria interrogativa.
“Davvero?”
Gli uomini lo raggiunsero, e quando lo fecero, uno di loro tirò fuori un foglio di carta.
Padre McMullen lo prese. Proveniva dal Vaticano.
“Ci hanno inviati per indagare,” uno di loro disse.
Il parroco provò un po' di sollievo, sebbene continuasse ad esaminarli con apprensione, soprattutto per la loro brusca apparizione.
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