Читать книгу «Приключения Пиноккио. История деревянной куклы. Уровень 1 / Le avventure di Pinocchio. Storia d’un burattino» онлайн полностью📖 — Карло Коллоди — MyBook.

Quando ha visto il suo Pinocchio sdraiato in terra e rimasto senza piedi davvero, allora ha sentito intenerirsi; l’ha preso subito in collo, si è dato a baciarlo e gli ha detto singhiozzando:

– Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi?

– Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una notte d’inferno. Tonava, e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi ha detto: «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli ho detto: «Bada, Grillo!..» e lui mi ha detto: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli ho tirato un manico di martello, e lui è morto, ma la colpa era sua, perché io non volevo ammazzarlo, ho messo un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino è scappato fuori e ha detto: «Arrivederla… e tanti saluti a casa». E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino con il berretto da notte mi ha detto: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? Sono tornato subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, ho messo i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più!

E il povero Pinocchio ha cominciato a piangere.

Geppetto ha tirato fuori di tasca tre pere e ha detto:

– Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia[32].

– Fatemi il piacere di sbucciarle.

– Sbucciarle? – ha replicato Geppetto meravigliato. – Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a sapere mangiare di tutto, perché non si sa mai quel che può capitare. I casi sono tanti!..

– Voi direte bene, – ha detto Pinocchio, – ma le bucce non le posso soffrire.

E quel buon uomo di Geppetto ha sbucciato le tre pere, e ha posto tutte le bucce sopra un angolo della tavola.

Quando Pinocchio in due bocconi ha mangiato la prima pera, ha fatto l’atto di buttare via il torsolo: ma Geppetto gli ha trattenuto il braccio, dicendogli:

– Non lo buttare via: tutto in questo mondo può far comodo[33].

– Ma io il torsolo non lo mangio davvero!.. – ha gridato il burattino.

– Chi lo sa! I casi sono tanti!.. – ha ripetuto Geppetto.

I tre torsoli, invece di essere gettati fuori dalla finestra, sono stati posati sull’angolo della tavola in compagnia delle bucce.

Pinocchio ha fatto un lunghissimo sbadiglio e ha detto:

– Ho dell’altra fame!

– Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.

– Proprio nulla, nulla?

– Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.

– Pazienza![34] – ha detto Pinocchio, – se non c’è altro, mangerò una buccia.

E ha cominciato a masticare. Da principio ha storto un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, ha spolverato in un soffio[35] tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quando ha finito di mangiare ogni cosa, si è battuto contento le mani sul corpo, e ha detto:

– Ora sì che sto bene!

– Vedi dunque, – ha osservato Geppetto, – che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che può capitare in questo mondo. I casi sono tanti!..

8
Geppetto ha rifatto i piedi a Pinocchio, e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario

Il burattino ha cominciato subito a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi.

Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta, l’ha lasciato piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli ha detto:

– E perché devo rifarti i piedi? Forse per vederti scappare di nuovo da casa tua?

– Vi prometto, – ha detto il burattino, – che da oggi in poi[36] sarò buono…

– Tutti i ragazzi, – ha replicato Geppetto, – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

– Vi prometto che andrò a scuola e studierò…

– Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.

– Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.

Geppetto che aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio, non ha risposto altre parole: ma, ha preso in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si è posato a lavorare di grandissimo impegno.

E in meno di un’ora, i piedi erano fatti.

Allora Geppetto ha detto al burattino:

– Chiudi gli occhi e dormi!

E Pinocchio ha chiuso gli occhi e ha fatto finta[37] di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla gli ha appicciato i due piedi al loro posto, e li ha appicciati così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.

Appena il burattino si è accorto i piedi, è saltato giù dalla tavola dove stava disteso.

– Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, – ha detto Pinocchio al suo babbo, – voglio subito andare a scuola.

– Bravo ragazzo.

– Ma per andare a scuola ho bisogno di un po’ di vestito.

Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli ha fatto allora un vestito di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berretto di midolla di pane.

Pinocchio è corso subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e è rimasto così contento di sé, che ha detto:

– Paio proprio un signore!

– Davvero, – ha replicato Geppetto, – ma non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.

– A proposito, – ha soggiunto il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa.

– Cioè?

– Mi manca l’Abbecedario.

– Hai ragione: ma come si fa per averlo?

– È facilissimo: si va da un libraio e si compra.

– E i quattrini?

– Io non ce l’ho.

– Nemmeno io, – ha soggiunto il vecchio, facendosi triste.

E Pinocchio si è fatto triste anche lui: perché la miseria, la intendono tutti: anche i ragazzi.

– Pazienza! – ha gridato Geppetto rizzandosi in piedi; si è infilato la vecchia casacca di frustagno, è uscito correndo di casa.

Dopo poco è tornato: e quando è tornato, aveva in mano l’Abbecedario per il figliolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia[38], e fuori nevicava.

– E la casacca, babbo?

– L’ho venduta.

– Perché l’avete venduta?

– Perché mi faceva caldo.

Pinocchio ha capito questa risposta a volo[39], è saltato al collo di Geppetto e ha cominciato a baciarlo per tutto il viso.

9
Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei burattini

Pinocchio, con il suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, ha preso la strada che menava alla scuola: e fantasticava mille ragionamenti e mille castelli in aria uno più bello dell’altro.

E diceva:

– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, con la mia abilità, guadagnerò molti quattrini e con i primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi!

Mentre tutto commosso diceva così, gli è parso di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di gran cassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.

Si è fermato e è stato in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.

– Peccato che io devo andare a scuola, se no…

E è rimasto lì perplesso. A ogni modo[40], bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.

– Oggi andrò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo, – ha detto quel monello, facendo una spallucciata.

Detto fatto, ha infilato giù per la strada traversa e ha cominciato a correre a gambe. Più correva e più sentiva distinto il suono dei pifferi e dei tonfi della grancassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.

Quando si è trovato in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.

– Che cos’è quel baraccone? – ha domandato Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto.

– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.

– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.

– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. In quel cartello a lettere rosse come il fuoco, c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI…

– È molto che[41] è incominciata la commedia?

– Comincia ora.

– E quanto si spende per entrare?

– Quattro soldi.

Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, ha perso ogni ritegno e ha detto al ragazzetto:

– Mi daresti quattro soldi fino a domani?

– Te li darei volentieri, – gli ha risposto l’altro canzonandolo, – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.

– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta, – gli ha detto allora il burattino.

– Cosa devo fare con una giacchetta di carta fiorita?

– Vuoi comprare le mie scarpe?

– Sono buone per accendere il fuoco.

– Quanto mi dai del berretto?

– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane!

Pinocchio era sulle spine[42]. Stava lì lì[43] per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio. Alla fine ha detto:

– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?

– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi, – gli ha risposto il suo piccolo interlocutore, che aveva più giudizio di lui.

– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, – ha gridato un rivenditore di panni usati.

E il libro è stato venduto su due piedi[44]. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo, per comprare l’Abbecedario al figliolo!