10:01 p.m. Afghanistan Time (1:01 p.m. EDT)
Vicino al confine pakistano
Distretto di Kamdesh
Provincia del Nuristan, Afghanistan
“Andate!” gridò Luke. “Muoversi! Muoversi! Muoversi!”
Due grosse corde calarono dal portellone dell’elicottero. Gli uomini scivolarono lungo esse per poi svanire nella sabbia turbinante. Avrebbero potuto essere a decine di metri da terra, oppure a meno di tre.
Il vento ululava. La sabbia pungente e la polvere roteavano. Il volto di Luke era coperto da una maschera con il respiratore. Lui e Heath furono gli ultimi a uscire dal portellone. Heath portava una maschera simile, sembravano due sopravvissuti a una guerra nucleare.
Il tenente colonnello lo guardò. La sua bocca si mosse sotto la maschera.
“Diventeremo delle leggende, Stone!”
Luke premette il pulsante verde di AVVIO sul cronometro. Dovevano fare in fretta.
Lanciò uno sguardo sotto di sé. Non riusciva a vedere nulla laggiù, né da nessun altra parte. C’era solo da fidarsi. Si lanciò lungo il lato e cadde in un’oscurità desolante. Due secondi più tardi, forse tre, arrivò violentemente a terra. L’atterraggio gli mandò una scarica di dolore su per le gambe.
Lasciò andare la corda e si guardò attorno, cercando di ambientarsi.
Heath atterrò un istante più tardi.
Uomini in maschera emersero dalle ombre. Martinez, Hendricks. Quest’ultimo fece un gesto dietro di sé.
“C’è un muro!”
Qualcosa di grosso incombeva alle loro spalle. Okay, quello era il muro del complesso. In cima brillavano un paio di luci fioche.
Hendricks stava dicendo qualcosa, ma Luke non riusciva a sentirlo.
“Cosa?”
“Lo sanno!”
Lo sanno? Chi? E sapevano cosa?
Sopra le loro teste, il suono dei motori dell’elicottero cambiò, mentre iniziava a riprendere quota. All’improvviso, una luce brillante lampeggiò sopra al muro.
Qualcosa sfrecciò su di loro, ululando nell’aria.
Un mortaio.
“Siamo sotto attacco!” gridò Luke. “In arrivo!”
Tutto intorno a lui, vaghe ombre si gettarono al suolo.
Altri due lampi di luce si accesero.
Poi un altro
E un altro ancora.
Come facevano a saperlo?
Nella densa oscurità del cielo, qualcosa esplose. Deflagrò accedendosi di un cupo arancio e rosso. In mezzo alla tempesta di sabbia, l’esplosione sembrò il rimbombo di un tuono lontano. L’elicottero. Era stato colpito.
Dal suo punto di vista a terra, Luke lo guardò volteggiare in cerchio nel cielo, una striscia arancione contro il nero. Pendeva verso destra, girando su se stesso. I motori stridevano, e a Luke sembrava di riuscire a sentire il rumore delle pale.
Whump. Whump. Whump. Whump.
Era come se si muovesse al rallentatore, di lato e verso il basso. Illuminò la notte come un segnalatore, mentre oltrepassava le mura di pietra del campo.
BOOM!
Esplose dalla parte opposta del muro, all’interno del complesso. Si alzò una palla di fuoco, alta due o tre piani. Per un istante, Luke pensò che fosse tutto finito. L’elicottero abbattuto, i piloti morti. L’elicottero di supporto era inutilizzabile. Erano intrappolati lì, e i talebani sembravano sapere del loro arrivo.
Ma poi l’elicottero saltò per aria all’interno del campo.
Come una bomba.
E ciò gli concedeva un’occasione.
Diversi uomini mascherati erano stesi lì vicino.
Martinez, Hendricks, Colley, Simmons. La sua squadra.
Heath doveva essere da qualche parte lì vicino.
“In piedi!” gridò Luke. “In piedi! Andiamo!”
Si alzò con un balzo, trascinando con sé l’uomo più vicino. In un istante, furono tutti i piedi e in movimento, una dozzina di uomini che correvano disperatamente. La visione notturna era inutile. Le luci erano inutili, e avrebbero solo attirato colpi. Potevano solo correre nell’oscurità vorticante più totale.
In dieci secondi raggiunsero le mura. Luke decise di andare a sinistra e si mosse in quella direzione, stretto contro la pietra. Dopo pochi istanti arrivò a un’apertura. C’era l’elicottero, un’apocalisse. Qualche figura correva in mezzo alla luce del fuoco, allontanando i feriti.
Luke non esitò. Corse attraverso l’apertura, con l’MP5 spianato. Sparò con l’arma, una raffica di fuoco automatico. Le figure scapparono, adesso dirette verso un’altra ombra incombente, dove luci illuminavano il caos.
La casa.
I suoi uomini correvano insieme a lui.
Davanti a loro, le figure in ritirata salirono rapidamente la piccola scalinata della casa di pietra. Luke corse dietro di loro.
Due uomini erano davanti alla porta, e si stavano sollevando le armi automatiche dalle spalle. Portavano le barbe lunghe e i turbanti dei talebani.
POP! POP! POP! POP! POP!
Luke sparò senza pensarci. I due uomini cadere a terra.
All’improvviso, dietro di lui ci fu un’esplosione. Si lanciò un’occhiata alle spalle, ma era impossibile vedere che cosa stava succedendo. Entrò in casa. Un istante più tardi, altri quattro uomini apparvero al suo fianco, il suo A-Team. Assunsero posizione di tiro nell’ingresso di pietra, rivolti verso il resto della casa.
Si tolsero simultaneamente le maschere con i respiratori, come un sol uomo. Martinez si avvicinò ai talebani stesi a terra e sparò entrambi alla testa. Non toccò nessuno dei due.
“Morti!” disse.
Lì era più silenzioso.
“Capo del B-Team,” disse Luke nel microfono del suo elmetto. “Situazione?”
Heath entrò correndo nella casa dall’oscurità.
“Capo del B-Team…”
“Stiamo difendendo l’ingresso,” disse una voce nell’elmetto di Luke. Era Murphy. Il suo accento del Bronx era inconfondibile. “Stone! Non siamo messi bene. È un’imboscata! Ci stavano aspettando!”
“Continua a difendere l’ingresso, Murph . Usciremo tra un paio di minuti.”
“Sarà meglio che facciate in fretta, amico. Qualcuno sapeva che stavamo arrivando. Non ci vorrà molto perché ne arrivino altri, e non riesco a vedere a due metri dal naso.”
La squadra di Luke era già avanzata nella casa. Heath entrò subito dopo di lui.
“Tieni duro. Siamo dentro.”
“Datevi una mossa,” disse la voce di Murphy. “Non so se saremo ancora qui.”
“Murphy! Continuate a tenere l’ingresso! Noi usciremo subito.”
“Ricevuto,” rispose lui.
Luke si voltò verso il corridoio buio.
Un altro uomo apparve, uno robusto con una veste bianca. Era riuscito a mettere il dito sul grilletto, ma sparò senza criterio. Luke si inginocchiò e lo prese di mira.
POP! Un cerchio rosso scuro gli apparve sul petto.
Sembrò sorpreso, ma poi scivolò senza forze a terra.
Luke avanzò nei corridoi bui, facendo attenzione a qualsiasi suono davanti a sé. Non dovette aspettare a lungo.
BANG!
Un lampo seguito da uno scoppio risuonò, e poi un altro.
BANG!
Più avanti esplosero urla e colpi di pistola. Luke vi si avvicinò lentamente, scivolando lungo il muro. C’erano dei suoni anche alle sue spalle, fuori dalla casa: fuoco automatico e scoppi.
Luke controllò il cronometro. Erano arrivati a terra da meno di quattro minuti e l’intera missione era già andata completamente a monte.
“Stone!”
Di nuovo la voce di Murphy. “Ci sono guai. Barbari alle porte. Ripeto: l’ingresso principale è sotto attacco. Gli ostili stanno arrivando. Abbiamo uomini a terra. Hastings è a terra. Bailey è a terra. Ci stiamo ritirando dentro la casa.”
“Uh, negativo, B-Team. Mantenete la posizione!”
“Non c’è niente da mantenere,” disse Murphy. “Ci stanno facendo a pezzi! Hanno dei fucili anti carro là fuori.”
“Mantenetela lo stesso. È la nostra unica via d’uscita.”
“Maledizione, Stone!”
“Murphy! Proteggi l’ingresso!”
Luke continuò ad avanzare nella casa.
C’erano delle urla davanti a lui. Attraversò una porta, varcò la soglia… e trovò una scena di caos totale.
Nella grande stanza nel retro dell’edificio c’erano almeno quindici persone. I pavimenti erano coperti di grossi tappeti sovrapposti. Alle pareti erano appesi tappeti, stoffe ornate e riccamente colorate che raffiguravano vasti panorami, deserti, montagne, giungle, cascate.
Simmons era morto. Era steso sulla schiena, il suo corpo scomposto, gli occhi aperti e fissi. Non aveva più l’elmetto e la parte del cranio al di sopra dei suoi occhi era scomparsa. Anche due donne erano morte. Un ragazzino, un maschio, era morto. Tre uomini in turbante e tunica erano morti. Era un massacro. C’erano pistole e sangue su tutto il pavimento.
In fondo, vicino a una porta chiusa, era assiepato un gruppo di persone. Diversi uomini in tunica e turbante tenevano dei bambini davanti a loro, e puntavano dei fucili. Dietro a tutti, era nascosto un ultimo uomo, tanto riparato che Luke riusciva a malapena a vederlo.
Doveva essere l’obiettivo.
In tutta la camera, la squadra di Luke era accovacciata o inginocchiata, immobile come statue, i facili puntati sul gruppo, alla ricerca del colpo. Il tenente colonnello Heath era in piedi al centro della stanza, con la mitragliatrice MP5 puntata verso l’assembramento.
“Va bene,” disse Luke. “Va bene. Nessuno faccia…”
“Abbassate le armi!” gridò Heath in inglese. Aveva uno sguardo folle. Era concentrato solo su una cosa: raggiungere l’obiettivo.
“Heath!” intimò Luke. “Rilassati. Ci sono dei bambini. Possiamo…”
“Vedo i bambini, Stone.”
“Allora—”
Heath sparò, una scarica dell’arma automatica.
Subito Luke si lanciò a terra, mentre da ogni direzione partivano spari. Si coprì la testa, si strinse su se stesso, e diede le spalle alla scena.
La sparatoria durò diversi secondi. Persino quando fu conclusa qualche colpo continuò a risuonare, uno ogni pochi secondi, come gli ultimi popcorn a cuocersi. Quando finalmente tutto finì, Luke sollevò la testa. Il gruppo di persone vicino alla porta chiusa era una pila gemente a terra.
Heath era stato abbattuto. Non gli importava, era il tenente colonnello il colpevole di quell’incubo.
Un altro dei suoi uomini era a terra, in un angolo della stanza. Dio, che macello. Tre uomini abbattuti. Un numero sconosciuto di civili morti.
Luke si alzò in piedi. Due uomini fecero lo stesso in contemporanea. Uno era Martinez. L’altro era Colley. I due si avvicinarono al gruppo in fondo, muovendosi lentamente, con i fucili ancora spianati.
Luke si guardò intorno. C’erano cadaveri ovunque. Simmons era morto. Heath… un grosso buco si apriva nella sua testa dove avrebbe dovuto avere la faccia. Non aveva più un volto. Luke non provò niente per lui. Quella era la missione di Heath. Era andata quanto peggio possibile e ora lui era morto.
E c’era un altro uomo a terra.
Sembrava un complicato problema matematico, ma in realtà era una semplice sottrazione che chiunque avrebbe potuto risolvere. La sua mente non funzionava correttamente. Era ovvio. Sei uomini erano entrati lì dentro. Heath e Simmons erano morti. Martines, Colley e Stone erano ancora vivi. Significava che l’ultimo uomo a terra poteva solo essere…
Luke corse verso di lui. Sì, era lui. Era Hendricks, Wayne.
WAYNE.
Si muoveva ancora.
Luke si inginocchiò di fianco a lui e gli sfilò l’elmetto.
Le braccia e le gambe di Wayne si agitavano debolmente, quasi come se fosse sott’acqua.
“Wayne! Wayne! Dove ti hanno colpito?”
Gli occhi di Wayne rotearono e si fissarono su Luke. Scosse la testa. Iniziò a piangere. Respirava a fatica, quasi non riuscisse a prendere fiato.
“Oh, amico…” disse.
“Wayne! Parlami!”
Freneticamente, Luke iniziò a slacciargli il giubbotto antiproiettile.
“Medico!” gridò. “Medico!”
Un istante dopo, Colley fu lì, inginocchiato dietro di lui. “Simpson era il medico. Io sono quello di riserva.”
Wayne era stato colpito al petto. In qualche modo una scheggia del proiettile si era infilata sotto il giubbotto. Luke lo tastò ovunque. Era anche stato preso a una gamba. Quella era una ferita decisamente peggiore di quella al petto, e di molto. Aveva i pantaloni saturi di sangue. La sua arteria femorale doveva essere stata colpita. Le mani di Luke si alzarono gocciolanti di rosso. C’era sangue ovunque. Ce n’era un lago sotto il corpo di Wayne. Era un miracolo che fosse ancora vivo.
“Di’ a Katie,” ansimò Wayne.
“Zitto!” Lo interruppe Luke. “Glielo dirai tu stesso.”
“Dille…”
Wayne sembrò fissare qualcosa di molto lontano. Guardò e poi sobbalzò, come se fosse confuso da quello che vedeva. Un istante più tardi, il suo sguardo si spense.
Rimase immobile rivolto verso Luke. Aveva le labbra socchiuse. Il suo corpo era solo un guscio vuoto.
“Oh, Dio, Wayne. No.”
Luke guardò Colley. Era come se lo stesse vedendo per la prima volta. Colley sembrava giovane, a malapena dell’età giusta per iniziare a radersi. Non poteva essere, ovviamente. Quell’uomo apparteneva alla Delta Force. Era un assassino esperto. Un professionista consumato. Ma il suo collo sembrava grosso quando l’avambraccio di Luke. Appariva sperso nei suoi vestiti.
“Esaminalo,” gli disse, anche se sapeva già che cosa avrebbe detto. Ricadde seduto a gambe incrociate, e rimase in quella posizione per un lungo momento. Una volta avevano avuto una giornata libera mentre frequentavano la Ranger School. Un gruppo di ragazzi aveva organizzato una partita di football. Era stata una giornata calda, e la partita era stata magliette contro torsi nudi. Luke aveva passato tutto il tempo a lanciare palle rapide e precise a quel redneck grosso, muscoloso e sboccato, senza un incisivo.
“Wayne.”
“Se n’è andato,” disse Colley.
In un attimo, Wayne era morto. Il fratello di sangue di Luke. Il padrino del figlio non ancora nato. A Luke sfuggì un lungo sospiro.
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