Dal quale apparisce che, in materia di consolazioni, Tommaso Sangonetto avrebbe potuto dar de' punti a Boezio.
Che torbidi pensieri menassero la ridda nel cervello di Giacomo Pico, è più facile argomentare che dire. Chiunque ha fieramente patito per amore, e per amore dispregiato o negletto, ci metta qualcosa dei suoi ricordi particolari e di ciò che ha veduto, udito, o letto degli altri; mescoli, aggiunga un pizzico d'acerbo, come l'hanno in gioventù i caratteri chiusi, e dopo i trent'anni ogni nato di donna, e s'avrà formato un concetto di quella stizza profonda in cui si crogiuolava lo spirito del nostro innamorato.
Sconvolto, rabbioso, tormentato da cento pazzi disegni, aveva preso a furia la strada del borgo ed era entrato per la porta di san Biagio. La meta della sua corsa doveva essere a tramontana, verso l'erta su cui torreggiava il castello; senonchè, giunto ad un crocicchio in mezzo all'abitato, parve essersi pentito; poichè, fatto un gesto di sdegno, svoltò rapidamente a sinistra e andò ad uscire da un'altra porta, che metteva sulla strada di Calice.
Pervenuto colà e data una torva occhiata su in alto, dove non gli era parso dicevole andare, varcò il ponte antichissimo che cavalcava il torrente. Quel ponte era di costruzione romana, e in ogni altro caso Giacomo Pico si sarebbe fermato, come spesso soleva, a contemplarne i poderosi piloni, che da forse millequattrocent'anni sfidavano l'ira del tempo e doveano sfidarla altri quattrocento di poi, per essere divelti in quella vece da un capriccio degli uomini. Ma allora, e' non li degnò neppur d'uno sguardo, e passato sull'altra sponda del Calice, si avviò verso la ripida costa della montagna, con passo concitato e gagliardo, come se volesse pigliare d'assalto la roccia dell'Aurera, che ne incoronava la cima.
Salire al castello non aveva voluto; dal mezzo del ponte, lo aveva anzi guardato a squarciasacco; tuttavia, non sapeva allontanarsene troppo, e, risalendo la costiera di rincontro, non rifiniva di guatare lassù, verso quel nido d'avvoltoi; che tale gli pareva in quel punto il castello de' suoi signori. E dire che quelle mura gli pareano pur dianzi un nido di colombe, e che egli, per tanti giorni lontano, tra le feste, le oneste accoglienze e gli svaghi naturali del viaggio, altro non aveva in mente, altro non desiderava che di tornare a quel nido! Così facilmente mutano aspetto le cose ai nostri occhi, secondo che porta l'amore o l'odio, la benevolenza o lo sdegno!
Il Bardineto si era fermato a metà dell'erta, colle braccia incrociate sul petto e lo sguardo teso verso il castello, probabilmente divisando nell'animo tutti i particolari dell'arrivo del Cascherano, le cortesie del suocero, gli amabili rossori della sposa e i lieti conversari della nobile brigata, allorquando gli venne udito poco lunge uno stormire di frasche, come per guizzar di ramarro attraverso i cespugli.
Si volse in soprassalto, confuso e scontento, a guisa di chi si trovi colto in mal punto. Diffatti, egli non era un ramarro, nè altro animale che striscia per terra, il turbatore della sua pensosa solitudine; e bene glielo avevano indicato per un suo simile certe risa sguaiate che accompagnavano il repentino fruscìo.
Quegli che rideva in tal guisa era un uomo di fresca età, sebbene il volto avvizzito e di fattezze non belle, nè brutte, ma semplicemente volgari, potesse farlo apparire più presso ai confini della maturità che non a quelli della beata giovinezza. Indossava un farsetto di ruvido cuoio; portava la berretta alla scapestrata, come a dire sulle ventitrè ore e tre quarti, un coltellaccio a fianco, e sulle spalle un archibugio, specie di balestro da caccia, per la cui canna si faceva scattare, a forza d'arco, una pallottola, od un sassolino.
Il Bardineto, che a prima giunta avea fatto quella faccia scontenta, si rabbonì, com'ebbe raffigurato quell'altro.
–Tommaso!—esclamò egli.—Sei tu?
–Io, non altri, perdiana! E tu probabilmente sei Giacomo Pico, marchese di Bardineto, e d'altre castella nel paese dei sogni?
–Sì, canzonami, lingua tabana! Così foss'io marchese, o conte, da senno:
–Eh, eh!—soggiunse l'altro ridendo.—Sulla strada ci sei. Co' marchesi e coi conti ci bazzichi la tua parte, e saprai che chi va col lupo…. A proposito di lupi, io ti facevo ancora di là dai monti.
–Son tornato stamane.
–Con che aria lo dici! e con che sospirone di rincalzo!—esclamò Tommaso, tirandosi indietro in atto di meraviglia.
Il Bardineto, che già s'era padroneggiato oltre le forze, si lasciò cadere sulla sporgenza d'un masso che ingombrava mezza la strada, e si nascose il volto tra le palme, tentando di soffocare un singhiozzo.
–Tommaso mio,—gridò egli,—così non fossi tornato!—
L'amico stette immobile un tratto a guardarlo; quindi posò l'archibugio e andò a sederglisi gravemente da lato.
–Ah, ah! c'è del grosso in aria!….—diss'egli.—Giacomo, vuoi tu dirmi che hai? ma chetati, perdiana! Non sei più un bambino da latte. Lascia pianger le donne, che piangono spesso, perchè piangono bene.
–Tu ridi!—notò amaramente il Bardineto crollando il capo e traendo un altro sospiro dal profondo del petto.
–Ma sì, rido;—rispose quell'altro, scaldandosi;—rido, come ha sempre riso Tommaso Sangonetto, e come riderà fino all'ultimo, perchè niente c'è al mondo che meriti d'esser pigliato sul sodo. E riderò di te, fino a tanto non m'avrai dimostrato…. Ma già, che potresti tu dirmi di nuovo! Io t'ho capito e da un pezzo; ella non t'ama.—
Il Bardineto trasaltò.
–Chi, ella? E come sai tu?
–Sicuro, non ho da saper nulla, io, quando tutti ne sanno e ne parlano! O dimmi, per chi ci hai pigliati? che un marito, od un padre, sia l'ultimo ad avvedersi, ed anco non si avveda mai più, concedo; ma gli altri… eh, via! dovrebbero esser ciechi dalla nascita. Come se, alla tua età, il non cercar donna alcuna tra le tue pari, il fuggire ogni occasione di sollazzo, lo starti poi sempre ristretto ai fianchi di quella gente lassù (c'intendiamo!), non fossero già segni bastanti! Ah, vedi? chini la fronte; capisci anche tu che tutto il paese ha fumo delle tue ambizioni?
–Tutto il paese!—ripetè Giacomo Pico sgomentito.—E adesso….
–E adesso… lo so anch'io; siamo in un ronco, e la è dura di dover dare indietro, al cospetto di tutti. Ma infine, non sarai tu il primo a cui è capitato il somigliante. Papi e imperatori, principi e capitani ti offre la storia in buon dato, che hanno dovuto, un giorno della lor vita, appender la voglia all'arpione. E non si son mica guastati il sangue per così poco; hanno aspettato la volta loro, ed hanno messa a più certo segno la mira. Impara anche tu; lascia di trarre in arcata e lontano; mira da vicino e traggi di punto in bianco; è buon colpo. Fa a modo mio, Giacomo, e non avrai sopraccapi. Sai donde vengo? Da caccia, ti dirà l'archibugio; ma, in fede mia, non ho tirato nemmanco a uno scricciolo. Vengo dalla Nena di Verezzi. Ma già, tu non la conosci, ed hai torto. Una forosetta, un bel tocco di donna, che non ha la compagna in tutto il marchesato, e cui non piace la sputi. Ruvida di modi, non nego, e manesca anzi che no; gli è il suo diletto. Le ho fatto una carezza e m'ha reso un urtone; son caduto ad arte, ella su me e siamo ruzzolati ambidue. Ah! ah! se per fortuna non ci tratteneva un letto di timo, si tombolava giù giù fino alle Arene candide.—
E fatto questo discorso, Tommaso Sangonetto si cacciò a ridere sgangheratamente. Aveva ragione, poichè doveva ridere per due.
–Tommaso!—esclamò il Bardineto, con accento di rimprovero.—E tu puoi mettere il capo in questi amorazzi volgari?
–Ma sì! ma sì!—rispose l'altro con impeto.—Del resto, che intendi tu per amorazzi volgari? Volgo è quantità; e nel numero, lo capisco, ci si trova del buono e del gramo. Ma sappi, chi la guarda in ogni penna non farà mai nido, come chi guarda ad ogni nuvolo non farà mai viaggio. Così dicono i vecchi. A che si tende, poi? che si vuole? Io vado senz'altro alla meta e per la strada più corta; magàri ci fosse un tragetto! A fartela breve, non vo' moccicose, nè superbiose, nè schizzinose, nè altrimenti noiose, le quali mi diano pastocchie, speranze ed erba trastulla.
–Ma quali donne son dunque le tue!
–Eh via, quali donne! Son tutte compagne. Lisciate, contigiate, razzimate, il più delle volte t'ingannano; le hai per fior di farina, e gran mercè se alla seconda stacciata riescono a darti cruschello. Quali donne! dirò io delle tue. Bada a me, Giacobino; le mie non hanno tante trappolerie; rustiche sono e male ad arnese; ma egli c'è questo di buono, che il vino non mente all'insegna e tu non resti gabbato nella bontà della merce.
–Sarà;—disse il Bardineto, per metter fine al discorso.
Ma il Sangonetto era in vena, e proseguiva.
–Eh, già, capisco; a te quella superba ha fatto dar volta al cervello.—
Giacomo Pico scosse il capo in atto d'impazienza.
–E non la perdi di vista, a quel che pare!—incalzò il Sangonetto.—Tu guardi sempre lassù.
–Tommaso!—proruppe scorrucciato quell'altro,—Per l'anima di….
–Orbene!—ripiccò Tommaso, alzando la voce a sua volta.—Chiama i morti dallo inferno e i santi del paradiso, fin che ti piace. Io ti amo, non so perchè; vedo che soffri; sono il tuo medico e ti curo a modo mio. Sapevo il tuo segreto; e metti pure che io non dovessi saperlo, nè altri; tu stesso me lo hai sciorinato poc'anzi. Ed ora, io non ti ho domandato che cosa tu sperassi per lo addietro da lei: ti domando in quella vece che cosa speri adesso, poi che ella ti ha richiamato alla tua condizione di vassallo.
–Non ella,—gridò il Bardineto,—non ella, il destino. Vedi, Sangonetto, tu ti sei giudicato da te. V'hanno cose che tu non intendi, nè verresti a capo d'intendere. Sì, io l'ho amata; ma potevo io forse operare diverso? Fanciullo mi han tratto al castello; è cresciuta sotto i miei occhi; la vedevo ogni giorno suo padre mi è debitor della vita; ella mi ha abbracciato…
–E baciato; storia antica!—interruppe Tommaso.—E tu, povero amico, hai pigliato i bisantini per oro di coppella. Bacio di bocca cuore non tocca, o non dovrebbe toccare. Comunque sia,—aggiunse il Sangonetto a mo' di correzione,—pensa che la era una bambina, o giù di lì. Ma più tardi, ti ha ella mai incuorato a sperare?
–Che ne so io? Si può egli mai dir d'una donna, anche alla vigilia di farla tua, o di perderla per sempre, ch'ella t'abbia incuorato ad amarla?
–Eh, per un pazzo, non ragioni poi male! A me, per esempio, la Nena di Verezzi, che non è una Luccrezia romana, non ha forse data la più rustica gomitata, proprio un momento prima di andar ruzzoloni? Ah, ah! Ma, torniamo al caso: tu se' in male acque, mio povero Giacomo! Ma che diamine, dico io, t'è saltato in mente di andar così in alto coi desiderii? Meglio sarebbe stato per te d'inerpicarti sull'ultima balza della Caprazoppa, là dalla parte del mare, per cogliervi i falchi nel nido. Vedi, siamo vassalli. Il notaio David, lo sputasentenze, nel cui studio ho passato i begli anni della mia giovinezza, te le dirà lui per filo e per segno, le nostre delizie. Censuarii, aldioni, coloni, servi della gleba, soggetti a taglia e soggetti a prestazione, la è tutta una beva, e non c'è altra differenza che del più o del meno.
–Io sono libero uomo!—ripiccò alteramente il Bardineto.
–Uhm!—disse Tommaso.—Libero! e chi lo è? Tu appartieni alla classe dei commendati. I tuoi vecchi erano boni homines, i quali, per custodire da ogni insidia di potenti il tranquillo possesso del loro lembo di terra, lo proffersero in podestà del signore, ne riconobbero da lui l'investitura e diventarono censuarii, come il primo quidam che da lui avesse ottenuto un poveretto a livello. La terra è serva, e chi v'ha stanza, del pari. Non c'è modo di uscirne; qui l'aria rende servi coloro che la respirano. Commendati, ligii, o censuarii (chiamali con quel nome che vorrai) e' son tutti soggetti a prestazioni e a tributi, e non hanno un'ora di bene. Una volta e' sono richiesti di riparare le fortificazioni del castello; un'altra volta di battere il grano e di trasportare il vino del padrone; un'altra sono chiamati per la guardia notturna; un'altra ancora per ferrare i cavalli. Un dì si paga censo di grani, di farina, di miele, di vino; un altro di capponi, un altro di pane, carni e prosciutti. Ottieni un'esenzione? Paghi. Un diritto di pascolo? Paghi. Un diritto di pesca? Paghi. Dimori in una borgata e ci capita il marchese colla sua masnada? Devi dargli l'alloggio e fargli la spesa, uno o più giorni dell'anno, o pagarne in moneta il riscatto. Il marchese marita sua figlia? C'è taglia sopra i vassalli. È preso in guerra? C'è taglia. Arma cavaliere il figliuolo, o cavalca fuori del marchesato? Taglia, sempre taglia. A te muore il padre? Paghi, per potergli succedere. Ti ammogli? Devi dare al marchese un presente, perchè consenta alle nozze, e riscattarti con una somma non lieve da un certo diritto fastidioso, ch'egli ha, di levar le primizie.—
Qui il Sangonetto si fermò per pigliar fiato e per vedere che senso facevano le sue argomentazioni sul suo malinconico sozio. Ma Giacomo Pico, o non gli desse retta, o non credesse di doverlo contraddire, taceva. E allora Tommaso, con quell'aria di trionfo che già s'è notata, proseguì l'invettiva.
–Questo è il caso nostro; eccoti la sorte serbata a noi, boni homines, uomini liberi, sotto la signoria dei nobili discendenti di Aleramo. Non entro in tutte le miserie, a gran pezza più gravi, dei servi della gleba a delle mani morte, taglieggiabili a misericordia, cioè, a dire, fin dove piace ai nostri magnifici signori di aggravare il summum jus del loro talento. E servi, come siamo, tenteremmo di pareggiarci ai nostri padroni, di entrare, puta caso, in parentado con essi? Alla men trista, se siamo giovani, di bell'aspetto e di buona voglia, possiamo riuscire donzelli, o scudieri, meritarci le grazie segrete d'una annoiata castellana e le segrete prigioni e i trabocchetti d'un castellano rabbioso. Ora, io non son bello, nè giovane, e non ho voglia di mettermi in questi ginepreti. Il mio esempio t'insegni; la mia filosofia ti persuada, o Giacomo Pico, e ti basti l'essere meglio accetto di me, ma sempre come soggetto, ai signori del luogo. A noi tocca di obbedire, e gran mercè se si può farlo men che si può. I nostri diritti di signori esercitiamoli sui casolari; non c'impuntiamo a voler l'impossibile. Di belle ragazze, e meglio in apparenza che non sia la giovine castellana, è pieno il Finaro. Vedi, a me piace due cotanti di più la Gilda, la nipote di mastro Bernardo; e se non fossa che le buone grazie di madonna Bannina e della sua smancerosa figliuola l'hanno fatta montare in superbia….
–Anche su quella avevi posto gli occhi?—dimandò Giacomo Pico, meravigliato di tanta facilità amatoria del suo faceto compagno.
–Sicuro; e perchè no?—disse a lui di rimando il Sangonetto.—Sono uomo libero in ciò, e dove mi vien fatto darla ad intendere, pianto a dirittura le insegne.
–Sta bene; notò Giacomo Pico, stringendosi nella spalle;—ma se madonna Bannina avesse mai fumo de' tuoi disegni—che certo non saranno fior d'innocenza….
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