Читать бесплатно книгу «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5» Эдварда Гиббона полностью онлайн — MyBook
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Quando Tacito descrive le morti degli innocenti ed illustri Romani, che furon sacrificati alla crudeltà dei primi Cesari, l'arte dell'Istorico o il merito dei pazienti eccita nei nostri petti i più vivi sentimenti di terrore, d'ammirazione e di pietà. Il volgare ed indistinto pennello d'Ammiano ha dipinto queste sanguinose scene con tediosa e non piacevole esattezza. Ma siccome non è più impegnata la nostra attenzione dal contrasto di libertà e di servitù, di recente grandezza e di attual miseria, dovremmo con orrore torcer lo sguardo dalle frequenti esecuzioni, che disonorarono in Roma ed Antiochia il regno dei due fratelli53. Valente era timido54 di naturale, e Valentiniano collerico55. Il principio dominante dell'amministrazione del primo era un ansioso riguardo per la sua personal sicurezza. Da privato egli avea con tremante rispetto baciato la mano dell'oppressore; e quando salì sul trono, con ragione aspettava che gli stessi timori, di cui egli avea portato il giogo, dovessero assicurargli la paziente sommissione del popolo. I favoriti di Valente ottennero, mediante il privilegio della rapacità e della confiscazione, quella ricchezza che non avrebber potuto ottenere dalla sua economia56. Gli insinuavano essi con persuadente eloquenza, che in ogni caso di ribellione il sospetto equivale alla prova; che il potere suppone l'intenzione del delitto; che l'intenzione non è meno colpevole dell'atto; e che un suddito non dee più vivere, qualora la sua vita può minacciare la salute, o turbare il riposo del suo Sovrano. Fu alle volte ingannato il giudizio di Valentiniano, e si abusò della sua confidenza; ma egli avrebbe con uno sprezzante sorriso imposto silenzio ai delatori, se avessero preteso di porre in agitazione la sua fortezza con rappresentargli il pericolo. Essi lodavano l'inflessibile amore che aveva per la giustizia; e nell'esercizio di essa era l'Imperatore facilmente indotto a risguardar la clemenza come una debolezza, e la passione come una virtù. Finattanto che non ebbe a contendere che con gli uguali nei fieri incontri di una vita attiva ed ambiziosa, Valentiniano fu rare volte ingiuriato, e non insultato mai impunemente: se attaccavasi la sua prudenza, s'applaudiva il suo spirito; ed i più altieri e potenti Generali temevano di provocar lo sdegno di un soldato imperterrito. Dopo esser divenuto Signore del Mondo, gli uscì per disgrazia di mente, che dove non ha luogo la resistenza, non può esercitarsi il coraggio; ed invece di consultare i dettami della ragione, secondava i furiosi moti del suo temperamento, in un tempo in cui erano essi vergognosi per lui, e fatali pe' miseri oggetti dell'ira sua. Tanto nel governo della propria casa che dell'Impero, piccole o anche immaginarie mancanze, una parola inconsiderata, un'accidentale ommissione, un indugio involontario si punivano con immediate sentenze di morte. L'espressioni che più comunemente uscivano di bocca all'Imperator dell'Occidente, eran queste: «Gli si tagli la testa: sia bruciato vivo: sia battuto con verghe fino alla morte57»: ed i più favoriti Ministri presto impararono, che col temerariamente procurar di sospendere o d'esaminare l'esecuzione dei sanguinarj comandi di lui, potevano essi medesimi restare involti nella colpa o nel gastigo della disubbidienza. Le replicate soddisfazioni di questa rozza giustizia indurirono il cuore di Valentiniano contro la compassione ed il rimorso; ed i trasporti della passione vennero confermati dall'abitudine della crudeltà58. Poteva egli mirare con fredda soddisfazione le convulsive agonie della tortura e della morte; donava la sua amicizia a quei servi fedeli, l'indole dei quali era più coerente alla propria. Il merito di Massimino, che avea fatto strage delle più nobili famiglie di Roma fu premiato con la real approvazione e con la Prefettura della Gallia. Non poterono aver la sorte di partecipare del favore di Massimino, che due feroci ed enormi orsi distinti coi nomi d'Innocenza, e di Mica aurea. Eran sempre vicine alla camera di Valentiniano le gabbie di tali favorite guardie; e spesso egli si dilettava del grato spettacolo di vedere sbranare e divorar da loro le palpitanti membra dei malfattori abbandonati alla furia di esse. Il Romano Imperatore prendevasi gran cura del loro cibo e dei loro esercizi; e quando Innocenza ebbe adempito con una lunga serie di meritevoli servigi il suo uffizio, al fedele animale fu restituita la libertà dei nativi suoi boschi59.

Ma nei tranquilli momenti della riflessione, allorchè lo spirito di Valente non era agitato dal timore, o quello di Valentiniano dall'ira, i tiranni riassumevano i sentimenti o almeno la condotta di padri della patria. Lo spassionato giudizio dell'Imperator d'Occidente era in grado di conoscer chiaramente e di procurar con ardore il bene proprio e del pubblico; ed il Sovrano d'Oriente, che imitava con ugual docilità i varj esempi, che riceveva dal suo fratello maggiore, veniva alle volte guidato dalla saviezza e virtù del Prefetto Sallustio. Ambidue i Principi invariabilmente ritennero nella porpora la modesta e regolata semplicità, che adornato avevano la privata lor vita; e sotto il regno di essi i piaceri della Corte non costarono mai al popolo rossore o sospiri. Essi appoco appoco riformarono molti abusi dei tempi di Costanzo; adottarono giudiziosamente e migliorarono i disegni di Giuliano e del suo Successore; e spiegarono uno stile ed uno spirito di legislazione, che può risvegliare nella posterità l'opinione più favorevole del carattere e del governo loro. Non si sarebbe aspettato mai dal padrone d'Innocenza quella tenera cura pel bene dei sudditi, che mosse Valentiniano a condannare l'esposizione dei bambini nati di fresco60, ed a stabilire con stipendi e privilegi quattordici abili Medici nei quattordici quartieri di Roma. Il buon senso di un ignorante soldato immaginò un utile e liberale Instituto per l'educazione della gioventù e pel sostegno delle scienze allor decadenti61. Era sua intenzione che s'insegnassero le arti della rettorica e della grammatica in lingua Greca e Latina nelle Metropoli di ogni Provincia; e poichè ordinariamente la grandezza e la dignità della scuola era proporzionata a quella della città in cui si trovava, le Accademie di Roma e di Costantinopoli vantavano una giusta e singolar preeminenza. I frammenti degli editti letterari di Valentiniano rappresentano imperfettamente la scuola di Costantinopoli, che fu a grado a grado perfezionata dai successivi regolamenti. Era essa composta di trent'uno Professori, distribuiti in diversi rami di scienze; vale a dire un filosofo e due legali, cinque sofisti e dieci grammatici per la lingua Greca, tre oratori ed altri dieci grammatici per la Latina, oltre sette scrivani, o come in quel tempo si chiamavano antiquari, le laboriose penne dei quali provvedevano le pubbliche Biblioteche di buone e corrette copie dei classici Autori. La regola di condotta, che fu allora prescritta agli studenti, è tanto più curiosa che somministra i primi sbozzi della forma e della disciplina di una moderna Università. Si richiedeva, che essi portassero gli opportuni attestati dei Magistrati delle native loro Province. Regolarmente si notavano in pubblici registri i nomi, le professioni e le abitazioni loro. Era severamente proibito alla studiosa gioventù di perdere il tempo in conviti o nei teatri, ed era limitato il termine della loro educazione all'età di vent'anni. Il Prefetto della città poteva gastigar gli oziosi ed i refrattari con le verghe e coll'espulsione; ed aveva ordine di riferire ogni anno al Maestro degli Uffizi, quali scolari per le cognizioni ed abilità loro si potessero utilmente impiegare in servizio pubblico. Gli instituti di Valentiniano contribuirono ad assicurare i vantaggi della pace e dell'abbondanza; e servì a guardar le città lo stabilimento dei Difensori62, eletti liberamente come Tribuni ed Avvocati del popolo per sostenere i diritti, ed esporre gli aggravj di esso avanti ai Tribunali dei Magistrati civili, o anche al piè del Trono Imperiale. Si amministravano diligentemente le finanze da due Principi, che per tanto tempo erano stati assuefatti alla rigorosa economia di una condizione privata; ma nell'incassamento e nell'impiego della pubblica entrata un occhio discernitore potrebbe osservare qualche differenza fra il governo d'Oriente e quel d'Occidente. Valente era persuaso che non si potesse sostenere la liberalità reale per mezzo della pubblica oppressione; e non ebbe mai l'ambizione di aspirare ad assicurare, mediante le presenti angustie, la futura forza e prosperità del suo popolo. Invece di accrescere il peso delle tasse, che nello spazio di quaranta anni a grado a grado si erano raddoppiate, nei primi quattro anni del suo regno diminuì la quarta parte del tributo dell'Oriente63. Sembra che Valentiniano fosse meno attento ed ansioso di sollevare i pesi del suo popolo. Potè in vero riformare gli abusi dell'amministrazione fiscale, ma esigeva senza scrupolo una gran parte dei beni dei privati, essendo convinto, che le rendite, le quali sostenevano il lusso degl'individui, si sarebbero con molto maggior vantaggio impiegate nel difendere e migliorare lo Stato. I sudditi Orientali, che abitualmente godevano il benefizio della condotta del loro Principe, applaudivano alla beneficenza di esso, e la seguente generazione sentì e riconobbe il solido, quantunque meno splendido, merito di Valentiniano64.

Ma la più onorevol particolarità del carattere di Valentiniano è quella costante e moderata imparzialità, che egli sempre mantenne in un tempo di religiose contese. Il suo buon senso, non illuminato in vero, ma neppure corrotto dallo studio, evitava con rispettosa indifferenza le sottili questioni Teologiche. Il governo della Terra esigeva la sua vigilanza, e soddisfaceane l'ambizione; e nel tempo che si rammentava d'esser discepolo della Chiesa, non si dimenticò mai che era Sovrano del Clero. Nel regno d'un Apostata, egli avea segnalato il suo zelo per l'onore del Cristianesimo; concesse dunque ai suoi sudditi il privilegio che aveva assunto per se medesimo; ed essi accettar potevano con gratitudine e con fiducia la general tolleranza, permessa da un Principe dominato dalle passioni, ma incapace di timore o di simulazione65. I Pagani, gli Ebrei e tutte le varie Sette, che ammettevano l'autorità divina di Cristo, eran protetti, dalle leggi contro il potere arbitrario o il popolare insulto; nè ci aveva specie alcuna di culto che fosse proibita da Valentiniano, eccettuate quelle segrete e ree pratiche, le quali abusavano del nome di religione per cuoprir gli oscuri disegni del vizio e del disordine. L'arte magica, siccome si puniva più crudelmente, così veniva proscritta con più rigore; ma l'Imperatore adottò una formal distinzione per protegger gli antichi metodi di divinazione approvati dal Senato, ed esercitati dagli Aruspici Toscani. Col consenso dei Pagani più ragionevoli avea condannato la licenza dei sacrifizi notturni; ma immediatamente ammesso l'istanza di Pretestato Proconsole dell'Acaia, il quale rappresentò che la vita dei Greci sarebbe divenuta misera e disgustosa, qualora fossero essi restati privi dell'inestimabil vantaggio dei misteri Eleusini. La sola filosofia può vantarsi (e forse non è più che un semplice vanto della filosofia) che la gentile sua mano è capace di sradicare dalla mente umana i segreti e fatali principj del fanatismo. Ma questa tregua di dodici anni, che acquistò maggior forza dal saggio e vigoroso governo di Valentiniano, sospendendo la ripetizione delle vicendevoli ingiurie, contribuì ad addolcire i costumi, e ad abbattere i pregiudizi delle religiose fazioni.

L'amico della tolleranza trovavasi per disgrazia distante dal teatro delle più fiere controversie. Appena i Cristiani dell'Occidente si furon distrigati dai lacci della formola di Rimini, felicemente ricaddero nel letargo dell'ortodossia; ed i piccoli residui del partito Arriano, che tuttavia sussistevano in Milano e in Sirmio, potevano risguardarsi come oggetti piuttosto di disprezzo che di sdegno. Ma nelle province Orientali, dall'Eussino fino all'estremità della Tebaide, la forza ed il numero delle ostili fazioni si bilanciava con maggiore uguaglianza; e questa, invece di secondare i consigli di pace, non serviva che a perpetuar gli orrori della guerra di religione. I Monaci ed i Vescovi sostenevano i loro argomenti con invettive; e le loro invettive alle volte venivano accompagnate dalle percosse. Atanasio dominava sempre in Alessandria; le Sedi di Costantinopoli e d'Antiochia erano occupate dai Prelati Arriani, ed ogni vacanza di Vescovato era l'occasione di un tumulto popolare. Gli Homousiani furon fortificati dalla riconciliazione di cinquantanove Vescovi Macedoniani o Semiarriani; la segreta ripugnanza, che avevano d'abbracciare la divinità dello Spirito Santo, oscurava lo splendore di tal trionfo; e la dichiarazion di Valente, che nei primi anni del suo regno aveva imitato l'imparzial condotta del fratello, fu un importante vittoria dalla parte dell'Arrianismo. I due fratelli avean passata la privata lor vita nello stato di catecumeni; ma la pietà di Valente lo mosse a chiedere il Sacramento del Battesimo avanti d'esporsi ai pericoli della guerra Gotica. Egli si rivolse naturalmente ad Eudosso66 Vescovo della città Imperiale; e se l'ignorante Monarca fu istruito da quell'Arriano Pastore nei principj della Teologia eterodossa, l'inevitabile conseguenza dell'erronea sua scelta dee in lui risguardarsi piuttosto come una disgrazia che come un delitto. Qualunque fosse stata la determinazione dell'Imperatore, dovea sempre disgustare una gran parte dei Cristiani suoi sudditi; giacchè i Capi tanto degli Homousiani che degli Arriani credevano, che se non si lasciavano dominare, si facesse loro una crudele ingiuria ed oppressione. Dopo aver fatto questo decisivo passo, era molto difficile per esso il conservare la virtù o la riputazione d'imparziale. Veramente non aspirò mai, come Costanzo, alla fama di profondo Teologo; ma siccome avea ricevuto con semplicità e rispetto le opinioni di Eudosso, Valente rimise la sua coscienza alla direzione dell'Ecclesiastiche sue guide, e coll'influenza della propria autorità promosse la riunione degli eretici Atanasiani al corpo della Chiesa Cattolica. Da principio ebbe compassione di lor cecità; in seguito appoco appoco fu provocato dalla loro ostinazione; ed insensibilmente incominciò ad odiar quei Settari, pei quali era egli stesso un argomento di odio67. Era sempre dominato il debole spirito di Valente dalle persone, colle quali famigliarmente conversava; e l'esilio o la prigionia d'un privato son favori che facilissimamente si accordano in una Corte dispotica. Si davano tali pene frequentemente ai Capi del partito Homousiano; e la disgrazia di ottanta Ecclesiastici di Costantinopoli, che forse per accidente bruciarono sopra una nave, imputossi alla crudele e premeditata malizia dell'Imperatore e de' suoi Arriani ministri. In ogni contesa i Cattolici (se ci è permesso di anticipar questo nome) eran costretti a pagar la pena delle mancanze loro e di quelle degli avversari. In ogni elezione il Candidato Arriano aveva la preferenza; e se gli si opponeva il maggior partito del popolo, era comunemente sostenuto dall'autorità del Magistrato civile, o anche dai terrori di una forza militare. I nemici d'Atanasio tentarono di turbar gli ultimi anni della venerabil vecchiezza di lui; ed il suo breve ritirarsi al sepolcro del proprio padre si celebrò come un quinto esilio. Ma lo zelo di un gran popolo, che immediatamente corse alle armi, pose in timore il Prefetto, ed all'Arcivescovo si lasciò finir la vita in pace ed in gloria dopo quarantasette anni di Vescovato. La morte d'Atanasio fu il segnale della persecuzione dell'Egitto; ed il ministro Pagano di Valente, che a forza collocò l'indegno Lucio nella sede Archiepiscopale, si procacciò il favore del partito dominante per mezzo del sangue e dei patimenti dei Cristiani loro fratelli. Amaramente dolevansi questi della libera tolleranza in favore del Culto Pagano e Giudaico, come d'una circostanza aggravante la miseria dei Cattolici e la reità dell'empio Tiranno dell'Oriente68.

Il trionfo del partito ortodosso ha lasciato sopra la memoria di Valente una profonda macchia di persecuzione; ed il carattere di un Principe, che traeva le sue virtù ed i suoi vizi da un debole intelletto e da un'indole pusillanime, appena merita che ci prendiamo la pena di farne l'apologia. Ciò nonostante, il candore può scoprire motivi di sospettare, che i Ministri Ecclesiastici di Valente spesso eccedessero gli ordini o anche le intenzioni del loro Signore; e che la verità dei fatti siasi molto magnificata dalla veemente declamazione e dalla facile credulità dei suoi antagonisti69. In primo luogo, il silenzio di Valentiniano può suggerire un probabile argomento, che i parziali rigori, esercitati nelle Province ed in nome del suo collega, soltanto si riducessero ad alcune oscure ed inconsiderabili deviazioni dallo stabilito sistema di tolleranza religiosa; e quel giudizioso Istorico, che ha lodato la temperata natura del fratello maggiore, non si è creduto in dovere di porre a contrasto la tranquillità dell'Occidente con la crudele persecuzione dell'Oriente70

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