Читать бесплатно книгу «Naja tripudians» Annie Vivanti полностью онлайн — MyBook

V

Ma traverso gli anni – troppo brevi! – di calma dolcezza con lei, e nella vedovanza che gli straziò il cuore e lo lasciò, solo in un mondo che poco conosceva, con due fanciullette sulle braccia, l'idea fissa di Harding non gli uscì mai dalla mente: trovare un rimedio alla spaventosa elefantiasi greca, distruggere il bacillo di Hansen, liberare la terra da quella mostruosa impurità. Studiò tutte le nuove pubblicazioni di Pasini e di Borthen, di Moreno e di Padilla; si mise in corrispondenza con Filippo Rho, con Castellani e Chalmers; si creò un piccolo laboratorio in fondo al giardino dove, con bacilli mandatigli da Londra, fece degli esperimenti su conigli, topi e porcellini d'India. Intraprese dei viaggi a Parigi e a Bieberich sul Reno; mantenne delle corrispondenze agro-dolci coi collaboratori di giornali scientifici e riviste mediche; e non cessava mai di rammentare le sue passate esperienze indiane, rimpiangendo amaramente di non poterne sapere i risultati.

– Avevo trovato!… sono certo che avevo trovato.... – diceva talvolta, la sera alzando i miti occhi dai suoi fogli e fissandoli sulle teste bionde delle sue figliuole che, chine al lavoro sotto la luce diffusa della lampada famigliare, alzavano a lui i soavi occhi celesti. – Mi basterebbe avere qui otto o dieci lebbrosi....

– E dove li terresti? – chiedeva Myosotis, non senza un poco d'inquietudine.

– Già – rifletteva il dottore scotendo la testa bianca; – dove li terrei?

VI

Lieti volavano i giorni, portando anemoni d'opale e iridi azzurre e candidi narcisi al giardino di Rose Cottage; allungando i tralci di edera che stringevano in un verde abbraccio tutto il piano inferiore della casetta.

Avrebbe dovuto esserci anche un'aiuola di giacinti; ma questi, comperati allo stato di bulbo dal dottore a Leeds, e da lui e le sue figlie piantati con più cura che esperienza, non fiorirono perchè erano stati messi in terra colla testa all'ingiù.

Nel piccolo orto, cura speciale di Jessie, si seminarono colla consueta regolarità cavoli, spinacci, cicoria e piselli, e colla medesima regolarità gli otto polli bianchi, cari al cuore del dottore, andarono a mangiare i semi appena messi in terra, e se ne tornarono all'aia soddisfatti, facendo cenno di «sì» col capo ad ogni passo.

I quattro grossi conigli bianchi e neri diventarono i genitori di trentadue piccoli conigli bianchi e neri.

I due cani, Whisky e Soda, per tutto un giorno non ebbero fame, e si fu molto in pena per la loro salute, finchè non si scoprì che avevano mangiato dodici dei piccoli conigli. Allora Myosotis e Leslie piansero molto per i piccoli conigli; e piansero ancor più per Whisky e Soda durante la punizione inflitta loro dalla inesorabile Jessie col battipanni.

Il dramma dei conigli fu l'episodio più saliente di quella primavera.

L'evento principale dell'estate fu una visita della signora Russel, moglie dello Squire del paese; ella arrivò a Rose Cottage un mattino con sua figlia Nelly ad invitare le due fanciulle ai bagni di mare a Felixstowe.

– Partiamo lunedì, Nelly ed io, – disse, amichevole e vivace, al dottor Harding; – le sue due figliole potranno essere pronte per quel giorno?

Il dottor Harding parve assai incerto. Pur ringraziando dell'invito, non pareva troppo incline ad accettarlo. L'idea di affidare ad altri, anche per breve tempo, le sue dilette, lo turbava assai.

– Ma sapete pure, – insistè Mrs Russel, un poco impaziente – che questa è un'usanza entrata ormai in tutte le nostre migliori famiglie. Anche la mia Nelly fa ogni anno il suo giro di visite in casa dei nostri amici più intimi. Solo così le nostre ragazze possono imparare a stare al mondo, a conoscere gente, a non trovarsi timide ed impacciate quando vanno in società.

Pur riconoscendo la saggezza e i vantaggi di questa abitudine inglese, il dottore non sembrava troppo disposto a conformarvisi.

Allora la signora Russel, già sulla porta in procinto di partire, tentò un altro argomento.

– Pensate, dottore, di quanto vantaggio per la loro salute saranno i bagni di mare....

Il dottore ringraziò, e promise che ci avrebbe pensato.

Jessie che teneva aperta la porta, la richiuse con forza non appena Mrs Russel e sua figlia ebbero voltato le spalle; indi entrò nel salotto con ciò che le bimbe chiamavano «la sua faccia di policeman».

– I bagni di mare! – esclamò. – Già. Non mancherebbe altro.

– E perchè no? – fecero in coro Myosotis e Leslie.

– Perchè è pericoloso – dichiarò essa.

– Ma Jessie!… Tutti vanno a fare i bagni!…

– Ci vanno, ci vanno; e per lo più si annegano, – sentenziò Jessie, lugubre e caparbia. – Vostro padre deciderà come vorrà. Ma se lo domandate a me, dico che finchè voi non saprete nuotare non dovete entrare nell'acqua.

– E dove vuoi che impariamo a nuotare? Per istrada? nel prato? – esclamò Leslie, sarcastica.

Ma la vecchia domestica volse le spalle quadrate e inesorabili, e tornò in cucina.

Le due fanciulle la seguirono.

– Jessie!… Sei proprio illogica… – ragionarono.

– Sì, sì, illogica – fece quella; – quando avrete la mia età sarete illogiche anche voi.

Myosotis rise. E rise anche Leslie all'idea di avere giammai l'età di Jessie.

– Scommetto che Jessie, – osservò Myosotis – non sa neppure il significato della parola «illogica»!

– Non lo so, nè lo voglio sapere – ribaltò Jessie. – Non ho tempo, io, di riempirmi la testa di parole nuove.

E staccò dal gancio una casseruola, sbattendola sul tavolo con molto rumore.

– Lasciamola stare! – fece Leslie, traendo pel braccio la sorella. – Sai bene.... È come la storia del pianoforte.

La storia del pianoforte! Le ragazze la rammentavano a Jessie ogni volta che volevano farla stizzire.

– Rose Cottage sarebbe perfetta – aveva detto un giorno Myosotis, guardandosi intorno nella casetta, che dopo la vigorosa pulizia pasquale di Jessie era linda e lucida come un bambino a cui si sia lavato con molto sapone la faccia, – sarebbe perfetta.... se ci fosse un pianoforte.

Il papà, udendo quell'osservazione, aveva accarezzato la guancia rosea di Myosotis.

– Te lo comprerò, – disse.

Ma Jessie che stava mettendo tavola, e che, per principio, disapprovava ogni soverchia indulgenza, intervenne severa:

– E si può sapere che cosa ne farete d'un pianoforte, poichè non lo sapete suonare?

– Ma quando l'avremo, impareremo – disse Myosotis.

– Niente affatto. Quando avrete imparato a suonarlo, lo potrete avere – ribattè Jessie, con grande fermezza. – Vostro padre non farà di quelle spese inutili. – E uscì, borbottando ancora: – Già! Mancherebbe altro. Un pianoforte, quando nessuno lo sa suonare!…

– Sarà meglio non farla arrabbiare – disse il dottor Harding, a tavola, guardando i visetti compunti delle due ragazzine. – Non insistiamo per il pianoforte....

Non insistettero. Ma Myosotis si alzò ogni mattina alle sei, e prima di scuola scendeva correndo al villaggio. Alle sette e mezzo batteva già alla porta di Miss Jones, la quale, ancora in sottana con uno scialletto sulle spalle, la faceva entrare nel suo salottino, toglieva dal pianoforte un vaso di fiori di cera, le fotografie dei suoi genitori e quella della famiglia reale, e apriva con solennità l'istrumento. Myosotis sedeva risolutamente davanti alla tastiera e si poneva a studiare.

Un pomeriggio, quattro mesi dopo, tornando di corsa a Rose Cottage, ella andò difilato in cucina, e davanti a Jessie che stava impastando un Yorkshire pudding, distese ed aprì il primo quaderno del Diabelli.

– Vedi queste cose nere? – disse. – Sono note. Ed io le so suonare.

E poggiato il quaderno all'orlo dell'asse infarinato, suonò sulla tavola da cucina, alzando molto le dita e cantando la melodia:

– Ta, tatà tatà tatà, ta, ta....

Jessie colle mani infarinate sui fianchi, fu assai impressionata.

– Ma guarda un po', ma guarda un po'! – esclamava. E nei suoi occhi rossi salivano le lagrime di meraviglia e di ammirazione.

– Ta, tatà tatà tatà tatà, ta, ta – continuava Myosotis.

E a Jessie le lagrime traboccarono dagli occhi e caddero giù per le guancie; e non potè nè nasconderle nè asciugarle perchè aveva le mani infarinate.

Tre giorni dopo, arrivava da Leeds il pianoforte. E il dottore in poltrona, e Leslie in piedi, e Jessie rigida in una sedia accanto alla porta, ascoltarono rapiti la Sonatina del Diabelli per ben otto o dieci o dodici volte di seguito; mentre in cucina il pollo – immolato per la grande occasione – bruciava nella casseruola, e Whisky in piedi sulla tavola, ne divorava i fegatini e il cuore.

VII

Di ritorno da Felixstowe, Mrs Russel, a cui la timida e dolce ritrosia delle due fanciulle era assai piaciuta, le invitò a venire ogni sabato a giocare al tennis colle sue figlie e la figlia del nuovo pastore anglicano. Le due fanciulle vi andarono, ma essendo molto timide e non sapendo giocare al tennis non si divertirono troppo, e il sabato seguente non vi andarono più.

Ma da quella visita riportarono una cosa nuova nella loro vita; un libro prestato da Nelly Russel: «Jane Eyre», di Charlotte Brontë. Non avevano mai letto un romanzo e fu per loro un avvenimento. In Rose Cottage non si parlava che delle sofferenze di Jane, della dolcezza di Helen, della fierezza di Rochester; Myosotis lo leggeva ad alta voce, la sera, a Leslie che ascoltava colle guancie accese e le mani strette in grembo, e al papà che ogni tanto sonnecchiava. Ma le ragazze lo svegliavano per rileggergli i passi più emozionanti, e poi andavano in cucina a leggerli anche a Jessie.

Ma quella crollava la testa sotto la cuffia bianca inamidata: – A me non piacciono quelle storie. Meglio leggere la Bibbia: si capisce meno, ma si sa che fa bene.

La sera che il libro fu terminato, Myosotis riprese rassegnata la sciarpa che stava ricamando per Leslie; ma Leslie tenne il libro tra le mani, quasi le dolesse separarsene.

– È strano, – sospirò essa, facendo scorrere tra le dita le nitide pagine ormai lette, – è strano che nei libri accadono tante cose!… Invece nella vita non accade mai niente.

– Perchè dici questo? – chiese la sorella maggiore volgendo su lei gli occhi teneri e inquieti. – Ti annoi, forse?

– Non so se m'annoio – rispose Leslie, pensierosa. – Non so precisamente che cosa voglia dire «annoiarsi».

– Già, – fece Myosotis, contemplando la diafana, biondissima sorellina. E seguendo il filo dei suoi pensieri dovette dirsi che, in fondo, non sapevano nè l'una nè l'altra che cosa volesse dire annoiarsi o divertirsi, gioire o soffrire.

La vita non aveva finora offerto alle loro labbra che la pura inconsapevolezza d'ogni cosa, come un fresco e insapore sorso d'acqua montanina.

– Perchè proprio a questa Jane – continuò Leslie, sfogliando il libro con nostalgica lentezza – vanno a capitare tante cose? Non è verosimile. Poteva accaderle niente, come a noi.

Myosotis rise. – Ma è appunto perchè le sono capitate tante cose, che l'autore ha scritto il romanzo. Di una ragazza a cui non succede niente, nessuno scrive.

– Già, sarà così – disse Leslie pensierosa. – La nostra vita!… Come è bianca e vuota! Certo di noi nessuno scriverà.

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