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Edward Gibbon
Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12

CAPITOLO LX

Scisma de' Greci e de' Latini. Stato di Costantinopoli. Ribellione de' Bulgari. Isacco l'Angelo scacciato dal trono per opera del suo fratello Alessio. Origine della quarta Crociata. I Francesi e i Veneziani collegati col figlio d'Isacco. Spedizione navale a Costantinopoli. I due assedj, e resa della città caduta in mano de' Latini.

Lo scisma delle Chiese greca e latina seguì d'appresso la restaurazione dell'Impero d'Occidente da Carlomagno operata1. Una nimistà nazionale e religiosa tiene tuttavia disgiunte le due più numerose comunioni del mondo Cristiano; e lo Scisma di Costantinopoli, inimicando i più utili confederati, irritando i più pericolosi nemici, l'invilimento e la caduta dell'Impero romano d'Oriente affrettò.

Più d'una volta, e manifestamente, è apparsa nel corso di questa Storia l'avversione de' Greci contra i Latini. Stata erane prima origine l'odio che i secondi portavano alla servitù, odio vie più acceso, dopo il regno di Costantino, dall'orgoglio della eguaglianza e dall'ambizione del dominio, e invelenito in appresso dalla preferenza che alcuni sudditi ribelli aveano data alla lega de' Franchi. In tutti i tempi, i Greci si mostrarono vanagloriosi di primeggiare per la loro erudizione religiosa e profana. Primi di fatto nel ricevere i lumi del Cristianesimo i Greci, nel seno di lor nazioni i decreti di sette Concilj generali vennero pronunziati2. La lingua de' medesimi era quella della Santa Scrittura e della filosofia; nei popoli barbari,3 immersi nelle tenebre dell'Occidente4, doveano a loro avviso, arrogarsi il diritto di discutere le quistioni misteriose della teologica scienza. Ma questi Barbari, a lor volta, l'incostanza e le sottigliezze degli Orientali, autori di tutte le eresie, disprezzavano; e benedivano la propria ignoranza che di seguire con docilità la tradizione della Chiesa Appostolica si appagava. Ciò nulla meno nel settimo secolo, i Sinodi di Spagna, e quelli indi di Francia, portarono a miglior perfezione, o corruppero5 il Simbolo di Nicea intorno al mistero della terza persona della Trinità6. Nelle lunghe controversie dell'Oriente era stata scrupolosamente definita la natura e la generazione di Gesù Cristo; e i naturali modi per cui un figlio deriva dal padre sembravano offrire alla mente qualche debole immagine di un tale mistero. Ma l'idea di nascita parea men confacevole allo Spirito Santo, che invece di un dono o di un attributo divino, veniva considerato dai Cattolici come una sostanza, una persona, un Dio. Comunque non generato, secondo lo stile ortodosso però, procedea. Procedeva egli solo dal padre, o fors'anche dal figlio? Ovvero dal padre e dal figlio? I Greci la prima di queste opinioni ammettevano, i Latini si chiarirono per la seconda; e l'aggiunta della parola filioque7 fatta al Simbolo di Nicea accese la discordia fra le Chiese Gallicana e Orientale. Nei principj di una tal controversia i Pontefici Romani fecero mostra di serbare la neutralità ed un animo moderato8. Condannavano la novità, e nondimeno all'opinione delle nazioni transalpine si mostraron propensi. Parea lor desiderio il coprire questa inutil ricerca col manto del silenzio e della carità; onde nella corrispondenza fra Carlomagno e Leone III, vediamo il Pontefice tener linguaggio di assennato politico, il Monarca abbandonarsi alle passioni e alle massime pregiudicate d'un prete9. Ma i principi ortodossi di Roma agl'impulsi della sua temporale politica naturalmente cedettero; e il filioque che Leone desiderava cancellato10, venne aggiunto nel Simbolo e cantato nella Liturgia del Vaticano. I simboli di Nicea e di S. Atanasio furono d'allora in poi riguardati come parte della Fede cattolica, indispensabilmente necessaria all'eterna salute, e tutti i Cristiani d'Occidente, sieno Romani, sieno Protestanti, percossi dagli anatemi dei Greci, li restituiscono a chiunque ricusa credere che lo Spirito Santo procede, così dal padre come dal figlio. Tali articoli di fede non lasciano possibilità d'accomodamento; bensì le regole di disciplina, nelle chiese lontane e independenti, a variazioni debbono soggiacere: e perfin la ragion de' Teologi potrebbe confessare che tai differenze sono inevitabili e di poca entità. Sia effetto di politica o di superstizione, Roma ha imposto a' suoi preti e diaconi il rigoroso obbligo del celibato. Questo, appo i Greci, non si estende che ai Vescovi ai quali la lor dignità offre il compenso di una privazione, fatta anche men sensibile per essi dagli anni. Il Clero parrocchiale, i Papassi, godono del consorzio della moglie che prima di assumere gli Ordini Sacri sposarono. Nell'undicesimo secolo, fu agitata con calore una quistione che riferivasi agli Azzimi, pretendendosi che l'essenza della Eucaristia dependesse dall'uso del pane col lievito o senza lievito. Mi è egli lecito in una storia grave il narrare i rimproveri che venivano furiosamente scagliati contro i Latini, i quali lungo tempo rimasero sulla difensiva? – Essi trascuravano di osservare il decreto appostolico che proibisce il nudrirsi di sangue d'animali, o di questi animali stessi affogati o strozzati: praticavano ogni sabbato il digiuno mosaico; permetteano nella prima settimana di quaresima l'uso del formaggio e del latte11; si concedeva ai monaci infermi il mangiar carne; il grasso degli animali, talvolta alla mancanza d'olio suppliva; riserbavasi all'Ordine episcopale l'amministrazione della Santa Cresima, o dell'unzione battesimale. I Vescovi portavano al dito un anello, come sposi spirituali della loro Chiesa; i preti si radevano la barba, e battezzavano con una semplice immersione; tai sono i delitti che infiammarono lo zelo dei Patriarchi di Costantinopoli, e de' quali collo stesso fervore i dottori latini cercavano di scolparsi12.

A. D. 857-886

La superstizione e l'odio nazionale contribuiscono in segnalata guisa ad invelenire i dispareri, anche sulle cose più indifferenti; ma lo scisma de' Greci ebbe per sua cagione immediata la gelosia de' due Pontefici. Il Romano, sostenendo la supremazia dell'antica Metropoli, pretendea non avere altro eguale nel mondo Cristiano; quello della Capitale regnante voleva essergli eguale e ricusava di riconoscere un superiore. Verso la metà del nono secolo, un laico, l'ambizioso Fozio13, capitano delle guardie, e primo segretario dell'Imperatore, ottenne, o fosse merito di lui, o grazia del Principe, la molto più desiderabile dignità di Patriarca di Costantinopoli. Fornito di cognizioni superiori al rimanente del Clero, anche nella scienza ecclesiastica, immune da taccia per la purezza dei suoi costumi, solamente la fretta posta nell'assumere gli Ordini sacri, e l'irregolarità del suo innalzamento gli venivano rimproverati. Ignazio predecessore di lui che era stato costretto a rassegnare la cattedra, conservava tuttavia per sè la compassione pubblica e l'ostinatezza de' suoi partigiani. Costoro portarono appellazione a Nicolò I; uno de' più orgogliosi e ambiziosi Pontefici Romani, che mai fossero stati, il quale accolse avidamente questo motivo di giudicare e condannare il proprio rivale. Si arroge che la discordia de' due prelati fu ancora inacerbita da un conflitto di giurisdizione, perchè si disputavano entrambi il Re e la nazione dei Bulgari; e poco rilevante cosa pareva all'uno e all'altro, che questi popoli si fossero di recente al Cristianesimo convertiti, se non potevano fra i loro sudditi spirituali questi nuovi proseliti noverare. Sostenuto dalla sua Corte, il Patriarca Greco riportò la vittoria, ma in mezzo alla violenza della disputa, scomunicò a sua volta il successor di S. Pietro, avvolgendo tutta la Chiesa latina nel bando di scisma e d'eresia che egli avea fulminato; col quale atto ad un regno breve e precario la pace del mondo Fozio sagrificò. Il Cesare Bardas, protettore di Fozio, lo trascinò seco nella sua caduta; e Basilio il Macedone, si mostrò giusto nel restituire all'antica sede Ignazio, agli anni e alla dignità del quale non erasi avuto bastante riguardo. Dal fondo del suo convento, o del suo carcere, con patetiche lamentele, e con accorte adulazioni, Fozio sollecitava il favore del nuovo monarca; onde appena ne fu morto il rivale, risalì alla sedia patriarcale di Costantinopoli. Cessato di vivere Basilio, sperimentò le vicissitudini delle Corti, e l'ingratitudine del suo allievo asceso sul trono. Rimosso quindi una seconda volta, nella solitudine che gli estremi momenti della sua vita acerbò, dovette augurarsi le soavità dello studio e la libertà della vita secolare che all'ambizione aveva posposte. Ad ogni politico cambiamento, il clero cedea docilmente e senza perplessità al soffio dell'aura di Corte, e ad ogni cenno del nuovo principe; onde un Sinodo di trecento Vescovi teneasi sempre indifferentemente apparecchiato o a celebrare il trionfo del Santo, o ad imprecare l'esecrabile Fozio caduto dal seggio14; e i Papi, sedotti da promesse ingannevoli di soccorsi, o di ricompense, si lasciavano condurre ad approvare questi atti contraddittorj, e per via di lettere o di Legati, i Sinodi di Costantinopoli ratificarono. Ma la Corte ed il popolo, Ignazio e Fozio, in una cosa convenivano, nel non ammettere le pretensioni de' Papi. I ministri di questi vennero insultati, o posti in carcere: la processione dello Spirito Santo dimenticata, la Bulgaria unita per sempre al trono di Bisanzo; e lo scisma si fece più durevole per le censure rigorose emanate dagli stessi Papi contro le moltiplicate ordinanze che un Patriarca irregolare avea decretate. L'ignoranza e la corruttela del decimo secolo sospesero le contestazioni fra i due popoli, le nimistà loro non ammollì; ma allorchè, la spada de' Normanni fece ritornare le chiese della Puglia sotto la giurisdizione di Roma, il Patriarca nel congedarsi da questo perduto gregge, lo avvertì con una lettera piena di fiele di evitare e abborrire le eresie de' Latini. La nascente maestà del Romano Pontefice, non potè comportare questa insolenza d'un ribelle; onde Michele Cerulario pubblicamente, e in mezzo di Costantinopoli, si vide dai Legati Pontifizj scomunicato (A. D. 1054). Consegnarono questi sull'altare di S. Sofia il terribile anatema che chiarendo15 le sette mortali eresie dei Greci, condannava all'eterna società del demonio, e degli angeli delle tenebre, i colpevoli predicatori di queste eresie e i loro sfortunati settarj. Sembrò talvolta che la concordia si rimettesse; perchè, giusta i bisogni della Chiesa o dello Stato greco, or da una banda, or dall'altra, al linguaggio della dolcezza e della carità si piegava; ma non mai i Greci abbiurarono i proprj errori, non mai i Papi ritrattarono le lor sentenze; talchè può quivi riguardarsi l'epoca del consumato scisma dell'Oriente. Ciascun nuovo atto ardimentoso de' Romani Pontefici lo ingrossò16. Le sventure, l'umiliazione de' Monarchi alemanni fecero arrossire e tremare gl'Imperatori di Costantinopoli, la possanza temporale e la vita militare del Clero latino il popolo Greco scandalezzarono17.

A. D. 1000-1200

L'avversione in cui mutuamente i Greci e i Latini si avevano, fu confermata, e apparve più manifesta nelle tre prime spedizioni della Palestina. Alessio Comneno non risparmiò artifizj, per allontanare, se altro non poteasi, questi formidabili pellegrini. I successori di lui, Manuele e Isacco l'Angelo, tramarono di concerto coi Musulmani la rovina de' più illustri condottieri de' Franchi; insidiosa e perfida politica in cui vennero ben secondati dalla volontaria obbedienza de' loro sudditi d'ogni classe. Di sì fatta avversione vuol certamente darsi gran colpa alla differenza d'idiomi, di vesti e di consuetudini, la quale diversità fa discordanti fra loro, e contrarie le une dall'altre, presso che tutte le nazioni del Globo. E l'amor proprio e la prudenza del Sovrano ad un tempo soffrivano in veggendo queste invasioni di stranieri eserciti che chiedeano imperiosamente il diritto di attraversare gli Stati greci e di passare sotto le mura della loro capitale. Oltrechè, i pusillanimi sudditi dell'Imperator greco venivano spogliati e insultati da questi rozzi abitanti dell'Occidente, e l'odio dei primi contra i secondi era anche nudrito da segreta gelosia, che le pie e coraggiose imprese de' Crociati inspiravano. Un cieco zelo di religione ai motivi profani di nazionale odio aggiugneasi; poichè i Cristiani d'Occidente, in vece di ricevere amichevole accoglienza dai loro fratelli cristiani d'Oriente, udiansi continuamente rintronare all'intorno i nomi di scismatici e di eretici, nomi ad ortodosso orecchio più aspri che non quelli stessi di Pagani o d'Infedeli. Laonde anzichè inspirare quella fiducia che a conformità di culto e di Fede parea consentanea, i Franchi erano abborriti dai Greci, per alcune regole di disciplina o quistioni teologiche in cui le massime loro, o del Clero latino, da quelle della Chiesa Orientale scostavansi. Nel tempo della Crociata di Luigi VII, i preti greci lavarono e purificarono un altare, siccome profanato dal divin sagrifizio celebratovi da un prete francese. I compagni di Federico Barbarossa si dolsero d'insulti e cattivi trattamenti, che soprattutto dai Vescovi e dai Monaci riceveano. Cotesti ecclesiastici, nelle loro preci, e ne' loro sermoni, animavano il popolo contro gli empj Barbari venuti fra loro. Viene anzi accusato il Patriarca di avere promulgato che l'esterminare i scismatici era pei fedeli una via di ottenere remissione plenaria di tutti i peccati18. Un entusiasta, di nome Doroteo portò ad un tempo spavento e calma nell'animo dell'Imperatore, col predirgli che gli eretici alemanni assalirebbero la porta di Blacherna, ma ne riceverebbero tal castigo che diverrebbe tremendo esempio della divina vendetta. I passaggi di questi grandi eserciti erano avvenimenti rari e pericolosi: ma le Crociate diedero fra i due popoli origine ad una corrispondenza che li fornì di nuove cognizioni, senza però guarirli dai pregiudizj che le loro menti viziavano. Il lusso e le ricchezze di Costantinopoli ivi attraevano le produzioni di tutti i climi, intanto che il lavoro e l'industria de' numerosi cittadini, contrabbilanciavano il bisogno d'introdurre cose peregrine. Situata questa metropoli in modo che chiama a sè il commercio di tutte le parti del Globo, questo commercio per lungo tempo fu nelle sole mani degli stranieri. Venuta Amalfi a scadimento, i Veneziani, i Pisani, e i Genovesi posero fattorie nella Capitale del greco impero: i lor servigi ebbero guiderdoni di privilegi ed onori; comperarono poderi e case: le famiglie di questi per via di maritaggi co' nativi moltiplicaronsi; e dopo che fu tollerata una moschea maomettana divenne impossibile il proibire chiese di rito romano19. Le due mogli di Manuele Comneno20 alla stirpe de' Franchi spettarono, cognata la prima dell'Imperatore Corrado, figlia la seconda del principe di Antiochia. Lo stesso Manuele ottenne in isposa al proprio figlio Alessio una figlia di Filippo Augusto, re di Francia, ed una figlia maritò al Marchese di Monferrato, che nella reggia di Costantinopoli avea ricevuta la sua educazione, e delle dignità della Corte greca andava insignita. Questo monarca aspirava alla conquista dell'Occidente dopo averne combattuti gli eserciti; apprezzava il valore de' Franchi, della fedeltà loro non dubitava21, e in modo assai singolare compensava i loro meriti guerrieri conferendo ad essi i lucrosi uffizj di giudici e di tesorieri. La politica gli suggerì sollecitare una lega col Pontefice, onde la pubblica voce lo accusò, siccome parziale alla nazione e al culto de' Latini22: i quali e sotto il regno di Manuele, e sotto il successivo di Alessio venivano indicati cogli odiosi nomi di estranei, di eretici, di favoriti. Triplice delitto che fu severamente espiato nella sommossa che annunziò il ritorno e l'innalzamento di Andronico23. Il Popolo accorse all'armi; dalle coste dell'Asia il tiranno inviò e truppe e galee che la vendetta pubblica favoreggiassero; onde l'impotente resistere degli stranieri non divenne che un pretesto al raddoppiato furore de' loro uccisori. Nè età, nè sesso, nè vincoli d'amicizia o di parentado poterono salvar le vittime che l'odio, il fanatismo, e l'avarizia aveano consagrate alla morte. Trucidati per le strade e nelle lor case i Latini: ridotto in cenere il rione ove abitavano: arsi i sacerdoti nelle proprie chiese, gl'infermi ne' loro ospitali. Somministrerà un'idea di questa carnificina l'atto di clemenza che la terminò. Furono venduti ai Turchi quattromila Cristiani, che sopravvissero alla general proscrizione. I preti e i frati furono quelli che più operosi e inviperiti alla distruzione de' scismatici si dimostrarono, e fu cantato pietosamente un Te Deum, poichè il capo d'un Cardinale romano, Legato pontifizio, videsi separato dal suo busto, e trascinato a coda di cavallo per le strade della città fra i barbari scherni d'un'inferocita ciurmaglia. I più prudenti Latini al primo sentore della sommossa si erano riparati nelle proprie navi, e attraversando l'Ellesponto, a questa scena d'orror si sottrassero. Nella loro fuga però, portarono strage ed incendio sulla costa greca per una estensione di dugento miglia, e usando crudel rappresaglia su que' sudditi dell'Impero che erano innocenti, sfogarono soprattutto il proprio furore sui preti ed i frati, e colle fatte prede si compensarono delle ricchezze che essi e i loro amici aveano perdute. Di ritorno nell'Occidente, divulgarono per tutta Italia ed Europa la debolezza, l'opulenza, la perfidia, e il feroce astio de' Greci, i cui vizj, quai conseguenze naturali dello scisma e dell'eresia venner dipinti. I pellegrini della prima Crociata, mossi da scrupolo di coscienza, aveano trascurata la più bella fra le occasioni di aprirsi per sempre la strada di Gerusalemme coll'assicurarsi il possedimento di Costantinopoli; ma un interno cambiamento politico allettò, e quasi costrinse i Francesi ed i Veneziani ad accingersi alla conquista dell'Impero Orientale.

A. D. 1185-1195

Nel corso della storia di Bisanzo furono per me narrate l'ipocrisia, l'ambizione, la tirannide e la caduta di Andronico, ultimo rampollo della dinastia Comnena che in Costantinopoli abbia regnato. La tempesta politica che balzò dal trono costui, salvò la vita, e fu cagione d'innalzamento ad Isacco l'Angelo, che per linea femminina dalla stessa stirpe scendea24

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